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Fase 2 cauta, 72% dei negozi aperti ma pochi acquisti: perse 11 mila imprese artigiane

Ripartenza al rallentatore. Con molte attività commerciali aperte. Ma pochi clienti intenzionati a fare acquisti. È la fotografia che arriva da diverse città e che viene confermata anche dai numeri. Il 72% delle imprese è già ripartito, evidenzia un sondaggio condotto da Swg con Confesercenti, ma ad oggi solo il 29% degli italiani è tornato ad acquistare prodotti o servizi. Si spera dunque nel weekend, che potrebbe segnare un'accelerazione, visto che il 26% dei consumatori progetta acquisti in questo primo fine settimana del dopo-lockdown.

Tra i cittadini, comunque, prevale la cautela. Tra chi ha rinunciato agli acquisti, infatti, uno su due (il 54%), attenendosi ai consigli di limitare gli spostamenti non strettamente necessari, non ha comprato perché non ne aveva bisogno. Uno su quattro (24%), invece, non è tornato in negozi e bar per timore di esporsi a rischi.

Ma c'è anche un 14% che preferisce risparmiare. L'ombra lunga del Covid si proietta anche sulle abitudini: la maggior parte degli italiani (88%) dice che, terminata l'emergenza, continuerà ad evitare assembramenti, mentre una buona fetta (68%) è intenzionata a servirsi di più delle attività "riscoperte" del proprio quartiere.

Uno su due, invece, (54%) in futuro intende affidarsi maggiormente all'online. Per i commercianti di Palermo si registra "un timido inizio" di ritorno alla vita, "ma non alla normalità", spiega la Confcommercio locale, spiegando che tanti settori sono ancora fermi e "migliaia di commercianti sono con l'acqua alla gola".

E in questo contesto di difficoltà spuntano anche i primi rincari ai danni dei consumatori: è "la 'tassa Covid'", la definisce il Codacons, che si è rivolto alla guardia di finanza e all'Antitrust per denunciare le numerose segnalazioni di "un balzello dai 2 ai 4 euro applicato dagli esercenti ai propri clienti, e inserito direttamente come sovraprezzo nello scontrino, per finanziare i maggiori costi sostenuti dagli esercizi commerciali a causa del coronavirus".

L'effetto di questo limitato movimento dei clienti ha già inciso pesantemente sui ricavi della maggior parte delle attività. Il 68% di chi ha riaperto - secondo il sondaggio di Confesercenti - ammette di aver lavorato fino ad ora in perdita e di questi quasi la metà (37%) segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità. Appena il 17% ha mantenuto livelli di ricavi più o meno uguali a prima del lockdown, mentre solo un 13% vede una crescita dei ricavi.

A soffrire di più sono ristoranti, trattorie e pizzerie (il 92% giudica insoddisfacenti o molto insoddisfacenti i risultati dei primi giorni d'apertura), seguiti dai bar (83%). Primo rimbalzo invece per i centri estetici e i parrucchieri (soddisfatti e molto soddisfatti all'81 e 62%).

In questo contesto cresce la preoccupazione delle imprese artigiane. In tre mesi sono state perse quasi 11 mila aziende e senza aiuti potrebbero diventare 100 mila a fine anno, avverte la Cgia di Mestre, secondo cui il dato è linea con quanto registrato nello stesso periodo dei tre anni precedenti ma il peggio è atteso nei prossimi mesi, quando l'effetto economico negativo del Covid si farà sentire con maggiore intensità.

"In questi due mesi e mezzo di lockdown, molti artigiani senza alcun sostegno al reddito sono andati in difficoltà - dice Paolo Zabeo della Cgia - e non sono stati pochi coloro che hanno ipotizzato di chiudere definitivamente. Dopo una settimana dalla riapertura totale, invece, lo stato d'animo è cambiato. Purtroppo, non tutti ce la faranno a sopravvivere, con una perdita di almeno 300 mila posti di lavoro a fine anno". L'entità della contrazione, secondo gli artigiani di Mestre, dipenderà dalle misure di sostegno che verranno decise dal Governo nei prossimi 2-3 mesi.

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