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Prelievo sugli extraprofitti degli istituti di credito, la grande irritazione dietro il silenzio dei banchieri

Colti di sorpresa e non avvertiti. Ma si lavora dietro le quinte

Un silenzio assordante. È quello dei banchieri all’indomani della bomba a sorpresa lanciata dal governo nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva: il prelievo sugli extraprofitti degli istituti di credito con l’obiettivo nella prossima manovra di rifinanziare il fondo mutui per la prima casa e di alleggerire la pressione fiscale su famiglie e imprese. Bocche cucite da parte delle singole banche, ma anche dell’Abi: per il momento si lascia che a parlare siano i mercati, con Piazza Affari trascinata giù dal tonfo di tutti i principali titoli bancari. Un 'no comment' generalizzato che nasconde una grande irritazione non solo per la misura in sé, ma soprattutto per la mancanza di qualsiasi preavviso da parte dell’esecutivo: le banche non sono state informate di una decisione che nessuno si aspettava e che, tra l’altro, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva escluso categoricamente a giugno, rassicurando come la misura non fosse assolutamente in cantiere. Anche se in Parlamento, alla fine di aprile, era stato proprio Giorgetti a sottolineare come il governo non avrebbe trascurato l’accresciuta redditività delle banche. 'Ricordo - aveva spiegato il ministro - che negli ultimi mesi hanno fatto registrare significativi miglioramenti che non stanno trovando un altrettanto solerte adeguamento degli interessi riconosciuti alla clientela sulla raccolta. Una dinamica questa - aveva aggiunto - che il governo non può trascurare e non trascurerà'.

L’unico a rompere il silenzio in queste ore è Mario Alberto Pedranzini, numero uno di Banca Popolare di Sondrio, che riassume così le preoccupazioni del settore: 'Siamo stati colti di sorpresa e restiamo in attesa della pubblicazione del decreto, al fine di valutarne gli effetti sul bilancio della bancà. Mentre gli analisti di Mediobanca Securities sottolineano come l’impatto della tassa decisa dal governo 'va molto oltre i 3 miliardì stimati finora. 'L'effetto sarebbe enorme - si spiega - così grande da rendere difficile credere che la misura possa essere approvata senza modifichè. Il timore è soprattutto per le banche più piccole, sulle quali un prelievo del 40% su una parte dei margini di interesse potrebbe rivelarsi rovinoso. A differenza dell’impatto sui cinque istituti più grandi (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper), quelli che nei primi sei mesi di quest’anno hanno fatto registrare profitti per oltre 10,5 miliardi di euro, ben oltre il doppio di quelli del 2022. Un’enormità per molti, in un periodo in cui famiglie e imprese fanno i conti con un’inflazione alle stelle e con un caro-mutui legato alla stretta sui tassi della Bce. Un ritorno alla normalità, invece, per chi nel mondo del credito sostiene che l’anomalia era piuttosto quella dei 'tassi zerò, non quella dei profitti tornati ai livelli di prima della crisi finanziaria.

Dietro le quinte, comunque, qualcosa si starebbe muovendo. Contatti sarebbero in corso tra esecutivo e mondo bancario per limitare gli effetti di quella che viene sostanzialmente considerata dai banchieri come una patrimoniale retroattiva con effetto differito. In particolare si starebbe ragionando sul tetto patrimoniale oltre il quale non colpire gli istituti, tetto al fissato nella prima versione della norma al 25%. Questo meccanismo potrebbe cambiare con l’obiettivo di evitare di mettere in sofferenza i bilanci e la solidità degli istituti.

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