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Ponte sullo Stretto, slitta lo stanziamento in manovra. Ma Giorgetti assicura: primi fondi nel 2024

Dalle risorse per il Ponte sullo Stretto alle ipotesi di condoni e sanatorie: mentre con la Nadef inizia a prendere forma la cornice, nella maggioranza già si vedono montare le fibrillazioni sulla costruzione della manovra. Una legge di bilancio che, viste le ridotte risorse, non potrà essere «elettorale», come venivano definite quelle del passato con tante misure ad effetto, ma rischia di subire i sussulti della lunga corsa elettorale fra alleati che inevitabilmente tenteranno di sbandierare le parole d’ordine nella volata verso le Europee.

Con la manovra dell’anno scorso è stata riattivata la società Stretto di Messina spa, che era in liquidazione. Entro sabato Webuild consegnerà la documentazione di aggiornamento del progetto, come ha spiegato l’ad Pietro Salini. E nella prossima, ci sarà un primo stanziamento connesso all’effettivo allestimento dei cantieri», come ha assicurato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, presentando la Nadef. Per il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che aveva assicurato che oggi ci sarebbe già stato un primo stanziamento,  servirà una copertura «non superiore ai 12 miliardi spalmata nei prossimi 15 anni». Il leader leghista ha chiarito che «l'obiettivo è aprire i cantieri, dopo 52 anni di parole, nell’estate del 2024».

Maggioranza a due velocità

Ma su questo piano non è difficile notare come nel centrodestra ci siano visioni a due velocità. Il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, crede che in manovra ci «possa essere una posta di bilancio che riguarda un programma pluriennale», ma sulla tempistica è più cauto: «Dubito che» il prossimo anno «saremo già agli appalti».

«Bisogna essere sempre seri, ai cittadini bisogna dire sempre la verità, non prenderli in giro, non fare né promesse apocalittiche né analisi distruttive», ha notato l’altro vicepremier, Antonio Tajani: «Fermo restando che si deve fare perché è un impegno che noi di Forza Italia abbiamo preso» ed "era una scelta fatta da Silvio Berlusconi, vedremo quali saranno i tempi e quali gli investimenti che si possono fare in questa manovra».

Pur «grande sostenitore» di questa opera, Maurizio Lupi nota che «la situazione economica, però, impone di concentrare le risorse su famiglie, imprese, salari e sanità per sostenere lo sviluppo e la crescita». Molto probabilmente servirà un confronto di maggioranza per sciogliere questo e altri nodi, come quelli necessari per reperire nuove risorse. All’interrogazione di Avs in cui si chiedeva se il governo intendesse «abbandonare o ridurre per il futuro un approccio condonistico del sistema fiscale», Giancarlo Giorgetti ha replicato: «Io posso rispondere sulle cose che fa il governo, non su notizie che appaiono sui giornali ma che il governo non ha adottato e che probabilmente non ha neanche intenzione di adottare».

Le parole del ministro dell’Economia sono suonate, anche secondo esponenti dello stesso centrodestra, come un disallineamento rispetto al suo segretario Salvini. Il vicepremier nei giorni scorsi ha rilanciato un condono «sulle piccole irregolarità» nell’edilizia - ipotesi su cui si è registrata freddezza da parte anche di FdI -, e una rottamazione delle «cartelle esattoriali di piccola entità, non i grandi evasori e quelli totali, ma i piccoli risparmiatori». Dalla Lega notano che Giorgetti ha fatto riferimento al condono fiscale e non a quello urbanistico, e che la pace fiscale non è un condono, perché strutturalmente diversa. Quindi, è la tesi del partito, non c'è distonia fra Salvini e Giorgetti.

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