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Balneari, rischio caos sulle spiagge. I gestori degli stabilimenti sono in allarme e invocano certezze

Rischio caos per la gestione delle concessioni demaniali sulle spiagge con le amministrazioni comunali che vanno in ordine sparso e il governo che promette di risolvere la questione entro gennaio.

I gestori degli stabilimenti sono in allarme. «Siamo preoccupati per la tempistica e sollecitiamo il governo a procedere senza indugio all’emanazione di ogni provvedimento legislativo ed amministrativo per la messa in sicurezza di questo comparto economico, strategico per il Paese» ripetono i rappresentanti delle imprese associate alla Sib - Confcommercio e Fiba - Confesercenti. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha provato a farlo e ieri ha ottenuto di mettere nero su bianco un’informativa in Consiglio dei ministri in cui il governo si impegna a chiudere i lavori del tavolo tecnico sulla valutazione della «scarsità» o meno delle spiagge e ad individuare con la Commissione europea una soluzione. E in cui, soprattutto, si esortano le amministrazioni comunali a non procedere con le gare. «È opportuno evitare che le amministrazioni competenti assumano iniziative disomogenee, che potrebbero avere ripercussioni negative sul sistema» dice il comunicato del governo che le invita quindi a sfruttare la facoltà prevista dalla legge di evitare l’avvio delle gare in presenza «di ragioni oggettive che impediscono lo svolgimento della procedure di affidamento entro i termini normativamente previsti». «È importante che il Consiglio dei ministri abbia invitato le amministrazioni periferiche ad evitare l’avvio di gare» prendono atto i balneari che tuttavia giudicano l’impegno del governo "importante ma non sufficiente» a dare «serenità» al settore che chiede invece «certezze».

Proprio per l’assenza di una normativa nazionale che regoli l'assegnazione delle concessioni demaniali marittime in scadenza il 31 dicembre, la Giunta di Rimini, prima meta balneare d’Italia per presenze turistiche e a cui fanno capo 470 concessioni tra stabilimenti e associazioni sportive, è stata la prima a muoversi per suo conto, avviando formalmente l’iter per i bandi ma allo stesso tempo differendo la data di scadenza delle concessioni in essere per il tempo necessario all’indizione delle gare, avvalendosi dell’anno di slittamento 'per oggettive difficoltà' previsto dalla legge, vale a dire il cosiddetto decreto concorrenza Draghi. «Mentre Roma resta ferma, i Comuni sono obbligati a correre, in solitaria» commentava nei giorni scorsi l’amministrazione di Rimini. E infatti, sono tanti i comuni che si sono mossi da soli. Dopo Rimini e altri comuni della riviera romagnola, anche Ravenna ha avviato le procedure per le gare delle spiagge, prorogando le concessioni attuali alla fine dell’anno prossimo. Anche Genova si è mossa in questa direzione. Altri comuni, invece, si sono limitati alla proroga, a partire dalla Liguria. E lo hanno fatto Viareggio, Marina di Pietrasanta con i suoi oltre 100 stabilimenti balneari, lo ha fatto il Comune di Fiumicino sui cui ricadono 24 chilometri di costa con un centinaio di stabilimenti tra cui quelli di Fregene e Maccarese. Anche in Puglia molti comuni hanno già deciso per la proroga: Bari ha scelto di farlo ad ottobre, poi seguita anche Lecce, Brindisi e Taranto. Lo ha fatto San Benedetto del Tronto mentre Ancona non ha invece adottato proroghe. Così come non lo ha fatto il Comune di Sirolo. Nessuna delibera di proroga nel Comune di Pesaro, che in realtà aveva anticipato i tempi: è stato il primo Comune in Italia, nel 2019, ad eseguire una procedura di evidenza pubblica per il rinnovo fino al 2033 delle concessioni balneari, in assenza di una diversa normativa. Un caos, insomma, su cui si avvita la polemica politica. FdI punta l’indice sui comuni a guida Pd che «seminano caos in Romagna». Il M5s accusa il governo per il «pasticciaccio osceno, che ha una sola responsabile: Giorgia Meloni». E il Pd stigmatizza «l'ultima trovata, a questo punto una follia, di produrre un comunicato stampa con il Consiglio dei ministri. Come se una nota stampa facesse giurisprudenza».

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