L’economia italiana «ristagna» e una ripresa arriverà solo nel corso dell’anno che si chiuderà comunque con una crescita dello 0,6%, poco inferiore a quella dello scorso anno (+0,7%). I tassi di interesse ancora alti (un calo è previsto appunto solo in estate) la fine del superbonus e le tensioni internazionali limiterebbero gli effetti positivi del calo dell’inflazione, che resterà stabile sotto il 2%, dei fondi Pnrr e dell’aumento dell’occupazione e del reddito disponibile. Leggendo il bollettino economico della Banca d’Italia emergono nel dettaglio gli elementi di quella che il governatore Fabio Panetta, qualche giorno fa, ha descritto, anticipandone alcuni numeri, come una «fase di rallentamento della crescita" europea e italiana.
Dopo un buon inizio infatti l’economia del nostro paese nell’ultimo scorcio dell’anno ha visto una crescita "pressoché nulla". Fra le luci e le ombre del documento, il capitolo sulle famiglie sottolinea come queste beneficino della frenata dei prezzi maggiore del previsto (e quindi dell’aumento del reddito) di crescita dell’occupazione e della capacità di risparmio ma inizino a temere per il futuro, con un calo della fiducia e dei consumi registrato nell’ultima parte del 2023.
Nei prossimi mesi l'aumento dei salari visto già lo scorso anno si «accentuerà», grazie ai rinnovi contrattuali attesi ma le aziende dovrebbero, grazie ai buoni utili conseguiti, riuscire a farvi fronte.
Saranno deboli invece gli investimenti, un elemento decisivo per una crescita sostenibile e duratura, a causa anche dei costi dei finanziamenti. E sul nostro paese, poi, gravita una nube che lo differenzia da altri partner europei. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina dello scorso anno, che ha contribuito alle tensioni sui prezzi dell’energia, ora gli attacchi dei ribelli houthi dello Yemen alle navi transitanti nel Mar Rosso sono particolarmente insidiosi per le importazioni del nostro paese e i suoi porti affacciati sul Mediterraneo.
Nel focus dedicato al tema infatti, la Banca d’Italia rileva come il trasporto navale in quelle acque riguardi quasi il 16% delle importazioni italiane di beni in valore. Su questa rotta transita una larga parte degli acquisti di beni dalla Cina (secondo mercato di approvvigionamento del nostro paese dopo la Germania), dalle altre economie dell’Asia orientale e dai paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche oltre che di petrolio greggio e raffinato e per quelle di prodotti metalmeccanici.
Vi passa poi un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda. Per fortuna le nostre esportazioni, che sono in ripresa, scelgono altre strade: solo il 7% passa per il Canale di Suez e il Mar Rosso. Mentre quindi si è in attesa di una decisione europea per affiancare e irrobustire l’azione di contrasto navale di Usa, Regno Unito e altri partner, scegliere la rotta del Capo di Buona Speranza comporterà un aumento dei tempi e dei costi.
Come sottolinea Standard and Poor's in un suo rapporto, in prospettiva, si avranno rischi di pressioni al rialzo sul'inflazione. E se il blocco non si aggraverà, per Via Nazionale (e per la Bce) questa dovrebbe rimanere sotto controllo nel nostro paese. Le stime del bollettino anzi indicano che rispetto alle valutazioni di dicembre «a discesa dell’inflazione si è accentuata e si è estesa ai beni industriali non energetici e ai servizi». Per l’anno appena iniziato si parla di un +1,9 per cento nel 2024 (dal 5,9 nel 2023), per poi scendere gradualmente fino all’1,7 nel 2026.
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