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Inflazione, frutta e ortaggi costano di più. Prezzi alle stelle per verdura (+18%), pomodori e pere

Inflazione contenuta a gennaio ma non per frutta e ortaggi freschi che costano sempre di più. Per la verdura, i rincari raggiungono il 18,1% rispetto a un anno prima, secondo i dati definitivi diffusi dall’Istat. E pomodori e pere sono aumentati di oltre il 20%. Anche i prodotti di stagione come arance e mele sono più care del 6% e dell’8,3% rispetto all’anno precedente. In generale invece l’aumento dei prezzi al consumo è moderato e il tasso di inflazione risale allo 0,8% di gennaio dallo 0,6% di dicembre, in quello che l’Istat definisce un «lieve rimbalzo», confermando le stime preliminari. A scendere, anche se molto meno rispetto al mese precedente, i prezzi dei beni energetici regolamentati (-20,6%). Ma continuano le tensioni sui prezzi dei prodotti alimentari e pesano i rincari dei servizi di trasporto. Le associazioni dei consumatori, in allarme, stimano un impatto sulla spesa per il cibo di oltre 450 euro l’anno, per una famiglia di quattro persone. I rincari annui del carrello della spesa, che oltre ai prodotti alimentari include quelli per la cura della casa e della persona, sono del 5,1%. Risultano in calo rispetto al mese precedente ma sono comunque oltre sei volte superiori al tasso di inflazione complessivo. Anche livello europeo, l’Eurostat ha confermato le stime sull'andamento dei prezzi a gennaio. Il tasso di inflazione armonizzato nell’area dell’euro si è ridotto al 2,8% dal 2,9% del mese precedente, avvicinandosi all’obiettivo della Banca centrale europea di un livello leggermente superiore al 2%. Un anno prima l’inflazione era ben superiore, all’8,6%. Sulle previsioni per il futuro, però, e di conseguenza su eventuali tagli dei tassi di interesse, la linea della Bce resta orientata alla prudenza.

Nei verbali della riunione di politica monetaria del 24 e 25 gennaio l’Eurotower osserva che i dati sull'inflazione sono stati di recente costantemente al di sotto dei livelli previsti, suggerendo un processo «disinflazionistico più rapido del previsto» ma le prospettive «restano particolarmente nebulose nel breve periodo». Ci sarebbe stato quindi un «ampio consenso" dei membri del consiglio direttivo sul fatto che fosse prematuro discutere i tagli dei tassi. Il rischio da evitare sarebbe quello di dover poi invertire la rotta, nel caso in cui l'attività economica riprendesse più del previsto, la crescita salariale accelerasse o emergessero nuove pressioni inflazionistiche. E di dover scontare costi di reputazione elevati. La linea europea appare in sintonia con quella prevalente oltreoceano, stando alle minute della riunione della Fed del 30 e 31 gennaio, quando la maggior parte dei membri della banca centrale Usa hanno segnalato rischi del tagliare i tassi troppo rapidamente e timori su un possibile stallo dei progressi su inflazione. Nel contesto europeo, l’Italia è tra i paesi con la dinamica dei prezzi più contenuta e un tasso armonizzato dello 0,9%, mentre in Spagna, per esempio, è del 3,5%, in Francia del 3,4% e in Germania del 3,1%. All’interno del territorio nazionale, però, ci sono ampie differenze. Napoli risulta la capitale dell’inflazione a gennaio, con aumenti annui dei prezzi dell’1,9%. Seguono, a poca distanza, Perugia e Trieste. Mentre in quattro città i listini sono addirittura in calo: Modena, Ancona, Reggio Emilia e Campobasso. In quest’ultimo caso la deflazione raggiunge il -0,7%. Intanto è iniziata la selezione del nuovo presidente dell’Istat con la pubblicazione di un avviso pubblico online. Professori ordinari in materie statistiche, economiche e affini con esperienza internazionale interessati hanno 30 giorni per presentare la propria candidatura con una pec. Dopo la mancata conferma alla guida dell’Istituto di statistica di Gian Carlo Blangiardo per un nuovo mandato, da marzo dello scorso anno l'istituto è guidato da Francesco Maria Chelli come presidente facente funzioni.

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