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Condono edilizio nel 2024? Ecco cosa sappiamo sul salva-casa annunciato dal ministero delle Infrastrutture

Ci sarà un "condono edilizio" nel 2024? La norma salva-casa del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini fa discutere la maggioranza di governo. Il testo non è ancora arrivato agli altri ministri e nemmeno a Palazzo Chigi, dopo le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, sarebbe arrivato il provvedimento.

"Non conosco assolutamente il testo e credo che nessuno l’abbia mai visto. Lo valuteremo quando sarà presentato», dice l’altro vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, spiegando che è «già incardinata al Senato una proposta di Forza Italia sulla rigenerazione urbana che già prevede le cose di cui ha parlato Salvini». Il ministro sottolinea che «non si può fare un condono ma si possono sanare alcune cose che non provocano alterazioni sostanziali agli edifici».

Ma Salvini assicura che il testo andrà quanto prima in Cdm. "Ho sentito in radio che l’amico Tajani ha detto di non aver ancora letto la proposta, la porteremo al consiglio dei Ministri e vedrete che non andrà a sanare gli abusi edilizi ma ad alleggerire i Comuni e fare felici i cittadini che ci ringrazieranno», dice il ministro ad Antenna 3 Lombardia. Salvini fa notare che dallo studio realizzato con tecnici e 50 associazioni che si occupano di case, è emerso che il 90% degli italiani possiede una casa di proprietà e «l'80% ha piccole difformità interne» che bloccano i Comuni.

«Non stiamo parlando di favori per villette in aree protette o aiuti ai furbetti», precisa ancora una volta il vicepremier, illustrando il caso di Milano dove «ci sono 170 mila pratiche edilizie ferme in comune, con cittadini bloccati». Per cui «noi permettiamo di chiudere le pratiche, si paga quello che si deve pagare così anche i comuni ne traggono benefici e si torna a fare il proprietario che vende e acquista senza problemi», spiega Salvini.

Da un punto di vista tecnico, le fattispecie che potrebbero rientrare nella norma salva-casa potrebbero riguardare un appartamento i cui spazi interni non corrispondono con la planimetria, come un tramezzo spostato o una finestra posizionata diversamente. Un immobile datato il cui titolo edilizio non è reperibile. Oppure interventi fatti prima del 1977 quando non esisteva il concetto di «variante in corso d’opera». Quindi difformità edilizie o formali ma anche situazioni di non totale certezza da ricondurre entro un quadro di regolarizzazione. Una norma, però, sconosciuta alla stessa premier Meloni e su questo l’opposizione va all’attacco. In particolar modo il M5S che parla di «comiche finali», con un «vicepremier che lancia cose di cui la premier non sa nulla» e di un governo che «sembra un remake del Bagaglino».

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