Il bando dovrebbe essere pubblicato nei giorni di Natale, in modo da riuscire a erogare i primi contributi già nei primi mesi dell’anno prossimo. E la strategia che sta maturando alla Regione è quella di fare in modo che il reddito di povertà vada al maggior numero di famiglie possibile, abbassando la soglia massima prevista nella Finanziaria quater approvata un paio di settimane fa. La misura politicamente più influente della quarta manovra di bilancio del 2024 approvata all’Ars ai primi di novembre sta arrivando alla sua fase operativa. Sul tavolo ci sono i 30 milioni affidati all’Irfis dal presidente Schifani. L’Istituto di credito guidato da Iolanda Riolo è pronto a gestire già da fine anno la piattaforma informatica alla quale verranno inoltrate le domande. E intanto all’assessorato alla Famiglia, guidato da Nuccia Albano, stanno preparando il bando con i requisiti per accedere ai contributi. «Stiamo facendo il massimo, assieme all’Irfis, per accelerare la procedura», ha confermato ieri l’assessore. La legge approvata indica due parametri generali. Il primo è avere un reddito familiare che non supera i 5 mila euro all’anno, certificati col modello Isee. Il secondo è dare la disponibilità a essere impiegati in lavori di pubblica utilità. All’interno di questi paletti l’assessorato alla Famiglia sta prevedendo i requisiti specifici per assegnare le somme. All’inizio verranno scritti nel decreto attuativo, che si prevede venga approvato entro Natale. Poi verranno trascritti, senza modifiche, nel bando che dà il via alla corsa al contributo. Le prime riunioni fra i tecnici dell’assessorato alla Famiglia e quelli dell’Irfis hanno permesso di escludere che si tratterà di un click day: non ci sarà quindi la corsa a inoltrare per primi la domanda per il reddito di povertà. Ci sarà invece una graduatoria che tiene conto dei diversi livelli di povertà. Il dettaglio deve ancora essere pianificato ma una idea di massima c’è già. L’orientamento è quello di interpretare la legge in modo largo. Il testo voluto da Schifani e approvato all’Ars indica che la Regione può dare «fino a un massimo di 5 mila euro all’anno a famiglia». E dunque, con l’obiettivo di allungare l’elenco dei beneficiari, il meccanismo allo studio dovrebbe funzionare così: il massimo andrà solo a quanti dimostreranno di possedere i redditi più bassi, quindi inferiori, e di molto, ai 5 mila euro Isee. Poi, gradualmente, la cifra dell’assegno una tantum si abbasserà fino a raggiungere il minimo (ma sempre prevedibilmente del valore di qualche migliaio di euro) per quanti hanno effettivamente i 5 mila euro annui di incassi calcolati col sistema Isee. In questo modo gli assegni dovrebbero moltiplicarsi: dando 5 mila euro a tutti si sarebbero premiate al massimo 6 mila famiglia, così invece l’elenco sarà di parecchio più lungo. Anche se bisognerà attendere il decreto attuativo allo studio per calcolare quanti assegni verserà la Regione, prevedibilmente tra febbraio e marzo. Ieri Schifani ha di nuovo voluto rassicurare gli alleati sul fatto che il bando allo studio evidenzierà delle differenze rispetto al reddito di cittadinanza introdotto dai grillini nel 2018 e abrogato da Giorgia Meloni all’inizio del proprio mandato: «Il reddito di povertà, ben distante da quello di cittadinanza, mira a dare un sostegno a quelle famiglie che non sono dotate dei mezzi minimi finanziari per poter vivere dignitosamente. Si inquadra nelle politiche sociali messe in atto dal mio governo che considerano la solidarietà un valore non negoziabile».