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In Italia due milioni di occupati under 35 in meno in 20 anni

La tendenza demografica ha portato a una riduzione consistente degli occupati giovani rispetto a quelli anziani. Per contrastare questa situazione è necessario che la politica e le aziende lavorino per migliorare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e l’uso delle nuove tecnologie per favorire l’entrata nel mercato del lavoro di fasce più ampie di giovani, donne ed anche di immigrati.

Lo sottolinea il Cnel nel Rapporto "Demografia e forza lavoro" appena pubblicato che mette in risalto come negli ultimi 20 anni il numero degli occupati con meno di 35 anni, di fatto la fascia d’età che rappresenta il motore dell’economia, si sia ridotto di oltre due milioni di unità mentre è raddoppiato quello dei lavoratori tra i 50 e i 64 anni. Ad incidere sono l'invecchiamento dei baby boomers e delle coorti di età immediatamente successive, ma anche il calo del tasso di natalità e la stretta sull'accesso alla pensione.

Le persone al lavoro tra i 15 e i 34 anni sono passate dai 7,6 milioni del terzo trimestre 2004 a 5,4 milioni nel terzo trimestre 2024 con un calo di circa 2,2 milioni di unità mentre nello stesso periodo gli occupati tra i 50 e i 64 anni sono passati da 4,5 milioni a oltre 8,9. Se poi si guarda anche a coloro che lavorano dopo i 64 anni emerge che le persone occupate tra i 50 e gli 89 anni sono passate in 20 anni da 4,87 milioni del terzo trimestre 2004 a 9,78 nello stesso trimestre del 2024 con quasi cinque milioni di unità in più. C'è stato invece un calo significativo, insieme a quello degli under 35, anche per gli occupati tra i 35 e i 49 anni, passati da 9,8 milioni a 8,8. «In termini relativi - spiega il Rapporto - l’incidenza degli under 35 sul totale degli occupati è scesa negli ultimi vent'anni da valori superiori al 33% (quindi oltre 1 su 3) al 23% (meno di 1 su 4). Al contrario l’incidenza degli occupati di 50 anni e oltre è aumentata (sia per le dinamiche demografiche sia per l’aumento dei tassi di occupazione, favoriti anche dallo spostamento in avanti dell’età alla pensione) passando da poco più del 20% a oltre il 40%. La fascia centrale tra i 35 e i 49 anni è entrata in diminuzione più recentemente, scendendo dal 47% al 37%. Dopo la pandemia, spiega il Rapporto, è cresciuto il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni passando dal 63% nell’anno precedente la pandemia di Covid-19 al 68% del 2023, avvicinandosi a quello dei primi anni Duemila.

«Un segnale - si spiega - che la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni». Il divario rispetto alla media Eu-27 sul tasso di occupazione rimane però molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34. Per contrastare questa riduzione dell’occupazione nella fascia più giovane sarà necessario mettere in atto politiche per far crescere l’occupazione femminile e giovanile anche attraverso misure di conciliazione vita-lavoro. «Oltre a politiche pubbliche più incisive (sulla transizione scuola-lavoro, sulla conciliazione tra tempi di vita e lavoro, sull'integrazione) - si legge - serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l’idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management)». Il Cnel offre proprio per questo anche una lettura positiva che, come dire, rappresenta l’altra faccia della medaglia: «paradossalmente - spiega - proprio per il fatto di aver sottoutilizzato tali componenti l’Italia ha attualmente maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica. Una migliore valorizzazione da combinare anche con le opportunità, non scontate, offerte dalle nuove tecnologie».

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