Ho conosciuto Roberto Gervaso per caso. Una sera d'estate, a Messina, in occasione di un evento nella terrazza dell'Irrera a Mare. Eravamo vicini di tavolo e non sapevo che lo avrei dovuto premiare. Ci siamo stretti la mano sul palco, presentandoci. Appena tornati ai rispettivi posti, ha cominciato a raccontarmi, un vero fiume in piena, del suo amore per la Sicilia e per Palermo dove, ogni qual volta poteva, faceva ritorno per incontrare gli amici. Alla moglie Vittoria il compito di organizzare le “trasferte” e... l'adunata. Abbiamo parlato a lungo, quasi esclusivamente dei classici della letteratura, una passione comune. Ci siamo promessi che ci saremmo rivisti, così è stato: nella sua casa di Roma, di Milano, di Palermo a parlare di politica, di letteratura, dei prediletti Platone e Seneca. A Messina si cominciava dallo “stocco a ghiotta”, un rituale. Roberto rendeva interessante ogni dialogo con la sua ironia pungente, la verve, l'intelligenza vivace. Mancherà a Vittoria, la Volpe come teneramente la chiamava, e a un'Italia sempre più povera di sicuri riferimenti culturali. Roberto Gervaso ha scelto di morire il giorno della Festa della Repubblica, forse perché ha amato tanto questo Paese che aveva definito lo “Stivale zoppo”, mai rassegnandosi al suo lento declino. Mi mancherà un grande amico, ci mancherà.