Possono tirare un sospiro di sollievo, i pentastellati. E raccontare che il successo del «Sì» al referendum sul taglio dei parlamentari suggella l’immarcescibile vicinanza del “popolo” al Movimento, a dispetto di chi lo voleva bell’e sepolto.
La sforbiciata nelle due Camere – poco importa se avallata, basta far finta di dimenticarlo, dalle destre populiste – è stata perseguita soprattutto da Di Maio & Co, che ne hanno fatto, da tempi non sospetti, il fulgido vessillo del cambiamento. Certo, in tempi come gli attuali, in cui i consensi alle liste (post)grilline sono in picchia- ta e c’è un problema di leadership, il referendum ha oscurato, in parte, il crollo di credibilità dei 5S in tutto il Paese.
Il Pd può, persino, rallegrarsi: aveva dato, tra i mal di pancia di mezzo partito, il suo «Sì» ufficiale al quesito referendario, mossa tesa a salvaguardare la stabilità del governo, e il dato finale conforta la sofferta scelta di campo. Inoltre, e soprattutto, ha confermato – alle Regionali – la Toscana (roccaforte che era stata considerata a rischio), la Puglia (anche in questo caso s’erano temute insidie) e la Campania (unica “oasi” sicura, con Vincenzo De Luca superstar). Complessivamente un risultato che i democrats avrebbero sotto- scritto a occhi chiusi prima del voto.
Il centrodestra riflette. Si aspettava di più, ma conferma Veneto e Liguria, e conquista le Marche: ora, come ripete Matteo Salvini, governa «in 15 regioni su 20» (in realtà 14, ma dovrebbe aggiungersi la Val d’Aosta – oggi lo spoglio –, dove il governatore viene eletto dal Consiglio regionale).
L’unico a essere messo maluccio è proprio Salvini. Alla Lega non è andata granché bene. E la Meloni incalza, e FI tiene. Sul collo di Salvini, adesso, il fiato di Luca Zaia che in Veneto ha fatto il botto e in molti vorrebbero alla guida del Carroccio.
Può dormire sonni più tranquilli Giuseppe Conte. S’era tenuto defilato e non aveva legato la vita del governo all’esito del referendum, ma sapeva che le destre – non a caso, a costo dell’incoerenza, tentate dal «No» – avrebbero provato a dargli una spalla- ta se il «Sì» non ce l’avesse fatta.
E gli italiani? Con il referendum hanno vinto, gli italiani? Urge, al di là delle opinioni, una riforma complessiva. E serve una nuova legge elettorale.
Che dire? Siamo cautamente scet- tici. Sappiamo ancora pochissimo del «calcio liquido» di Andrea Pirlo, molto già sappiamo – invece – della nostra politica gassosa.
Caricamento commenti
Commenta la notizia