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Altri 50 milioni di incarichi. Il Ponte sullo Stretto? Non parliamone più...

La relazione in Parlamento del ministro Giovannini apre soltanto la strada all'ennesimo affidamento di incarichi progettuali, altri 50 milioni che andranno nelle tasche dei professionisti di Italferr, la società della galassia Ferrovie dello Stato.

Il progetto del Ponte sullo Stretto

Tutto avremmo voluto sentire, tranne l'annuncio di un nuovo studio di fattibilità per decidere se il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria dovrà assumere la forma di un Ponte a una o a tre campate. La relazione in Parlamento del ministro Giovannini, davanti alle commissioni congiunte dei Trasporti e dell'Ambiente di Camera e Senato, apre la strada all'ennesimo affidamento di incarichi progettuali, altri 50 milioni che andranno nelle tasche dei professionisti di Italferr, la società della galassia Ferrovie dello Stato.

Dopo un anno trascorso tra commissioni di esperti e «approccio serio e concreto», da parte prima del governo Conte, poi di quello guidato da Mario Draghi, è come se si fosse tornati, per l'ennesima volta, al punto di partenza. C'è la volontà dichiarata di realizzare un collegamento stabile, vengono indicati anche tempi e modalità, ma è un film già visto e rivisto. È un dibattito che va avanti dall'Unità d'Italia in poi. E francamente il livello di sopportazione è stato abbondantemente superato. Non è più una questione che attiene alle diverse idee e sensibilità, alle tesi dei favorevoli o contrari.

C'era un progetto definitivo, quello del Ponte a campata unica, era stato perfino mandato in appalto dal governo Berlusconi. Poi, Mario Monti bloccò tutto.

Il tema è tornato alla ribalta dei riflettori, andava presa una decisione, sicuramente frutto di analisi complesse e dettagliate, ma tutto sommato semplice: un sì o un no. Se fosse stato un sì, allora andava riaffidato l'incarico al Contraente generale perché aggiornasse il progetto e i prezzi. Se fosse stato un no, avremmo chiuso una volta per tutte questa telenovela e, tra contestazioni o espressioni di giubilo, ce ne saremmo fatti una ragione.

Così, con questo sì che è anche sostanzialmente un no, o un no che è più simile a un sì, si resta ancora nel guado. Una palude dove rimane immerso il Sud e nella quale gli unici a guadagnare sono ancora una volta i progettisti degli studi di fattibilità. Meglio, a questo punto, dare quei 50 milioni di euro, anziché a Italferr, alla Caritas, per qualche opera di bene. E di Ponte non parlare mai più.

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