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Il gas rischia di bruciare l’economia e i conti pubblici: impatto devastante

'La Francia non riceve pi? gas russo via gasdotto'

Ormai non è più la classica crisi scaturita da uno squilibrio tra domanda e offerta. No, è qualcosa di molto diverso: un gioco al massacro, con cui la speculazione internazionale si arricchisce, mandando a picco l’economia d’un intero continente. Anche venerdì il prezzo del gas ha toccato livelli intollerabili, a 339 euro al Megawattora. Si tratta di quotazioni che nemmeno la guerra scatenata contro l’Ucraina riesce a giustificare. Il sistema con cui viene fissato il prezzo del gas naturale, sul mercato di Amsterdam, fa acqua da tutte le parti. Sembra organizzato apposta per premiare i traffichini e i trafficanti, che lucrano fortune immense alla faccia di centinaia di milioni di cittadini europei. Costretti a stringere la cinghia. Questa specie di Catena di Sant’Antonio si regge solo grazie all’incapacità della Commissione di Bruxelles o, peggio, alla complice ottusità di inetti burocrati, che tengono bordone a un simile scempio finanziario.
Il Presidente di turno dell’Unione, il ceco Petr Fiala, ha convocato una riunione di “emergenza” (si fa per dire) dei Ministri dell’Energia, per il 15 settembre, quando però gli apparati produttivi potrebbero già essere sotto shock. Tutti ricordano le battaglie, coraggiose ma senza esito, condotte dal nostro premier Mario Draghi, per mettere un tetto collettivo al prezzo del gas. Fare “consortium” sarebbe una mossa che ci farebbe trattare da una posizione di forza con i Paesi produttori. Ma questo finora non si è fatto.

L'impatto in Italia

In Italia, l’impatto sulla struttura produttiva e su quella sociale dell’aumento del prezzo del gas è devastante, sia per la sua portata che per la velocità dell’escalation. Si pensi solo che il costo dell’energia elettrica ha superato gli 800 euro al Megawattora, per poi attestarsi intorno ai 720 euro. Cioè, oltre 200 euro in più di una settimana fa. In queste condizioni, le aziende “energivore”, cioè quelle che consumano molta elettricità per trasformare materie prime e semilavorati, non hanno scampo: in breve tempo saranno destinate a chiudere. I nostri politici, ovviamente, si sono mobilitati, annunciando “provvidenze”. Il solito assalto alla diligenza, tentato, in campagna elettorale, da tutti coloro che per incapacità o per disinteresse non si sono preoccupati, in tempo, di elaborare piani energetici credibili per il Paese. Draghi è stato categorico: questo governo non farà scostamenti di bilancio o altro debito, in un momento così delicato.
Se la Russia dovesse tagliare completamente il gas, dice il Fondo Monetario Internazionale, l’Italia andrebbe in pesante recessione e perderebbe il 5% del Pil. Diciamo che, per ora, lo Stato dovrà intervenire come potrà, per evitare “tensioni sociali”. E qui inseriamo una seconda riflessione, distante 6000 km dalla prima, eppure a essa indissolubilmente legata. Parliamo del discorso fatto a Jackson Hole (Wyoming) dal Presidente della Federal Reserve, Jérome Powell, il quale ha annunciato che la Banca centrale americana proseguirà una politica di rialzo dei tassi d’interesse «abbastanza decisa». Significa che, a settembre, li alzerà di altri 75 punti base, perché negli Usa sono convinti che l’inflazione non sia facile da domare. La Fed fa scuola e, in genere, viene immediatamente seguita nelle sue strategie dalla Bank of England. E, adesso, a maggior ragione, anche dalla Bce, cioè dalla Banca centrale europea, che il prossimo 8 settembre ritoccherà il costo del denaro. E se abbiamo la stessa inflazione degli Stati Uniti e loro alzano i tassi (arriveranno al 3,25%) è probabile che li alzeremo pure noi (il tasso principale della Bce per ora è a 0,50).
Comunque vada, se li ritoccheremo di 0,50% o di 0,75%, il risultato finale sarà che, probabilmente, l’inflazione non diminuirà e il Pil frenerà. Però aumenterà pericolosamente il debito pubblico, perché lo Stato dovrà continuare a spendere e spendere significherà emettere titoli del debito pubblico italiano, che qualcuno dovrà comprare. Dovremo alzare anche noi i tassi, per collocare i titoli, perché, a quel punto, la strategia di molti politicanti nostrani (senza più Draghi), sarà sempre la stessa di prima: fare debiti, per pagare quelli di ieri e poter fare quelli di domani.

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