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La ritorsione di Teheran: in vetrina, fra droni e missili, la debolezza dell’Occidente. Se il “corpo estraneo” siamo noi

Annunciata, temuta. E puntuale è arrivata, la ritorsione di Teheran dopo l’attacco, spregiudicato, di Israele all’ambasciata iraniana a Damasco. Una reazione che stava, purtroppo, nelle cose.
Droni, missili balistici: una tempesta, visti gli esiti, sicuramente imperfetta ma eloquente, che racconta – pure – d’una comunità internazionale che a braccia quasi conserte, in una lunga stagione quanto mai oscura, assiste impotente all’infinito conflitto tra Russia e Ucraina e all’infuocarsi delle tensioni in Medio Oriente. Fisiologiche, croniche, e quasi noiose per nove occidentali su dieci. Un mondo, il nostro, che vive rinchiuso nella sua bolla e sembra abituarsi a tutto, soggiacere a tutto, si chiami pandemia o guerra.
L’ignavia – a volte – presenta conti più salati dell’azzardo. E se, come talvolta capita, l’ignavia di troppi ospita l’azzardo di qualcuno, il guaio purtroppo è fatto: ci si ritrova appesi a un filo, e sotto c’è uno strapiombo, e se si va giù non c’è biglietto di ritorno.
Agghiacciante quanto fatto da Hamas il 7 ottobre scorso, un attacco criminale senza alcun “alibi” cui appigliarsi. Resta il fatto che nel corso degli anni sarebbero stati concretamente da censurare gli eccessi (ed è un eufemismo) di Tel Aviv, protrattisi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
Netanyahu andava “neutralizzato” prima: gli israeliani hanno sfilato in piazza a centinaia di migliaia per intimargli di sloggiare, ma stava soprattutto all’America, “sponsor” storico dello Stato ebraico e così “brava” – ad altre latitudini e in altri frangenti – nel dettare le “regole”, metterlo all’angolo politicamente. Invece il primo ministro israeliano, assediato in casa dalle beghe giudiziarie, osteggiato da membri del suo stesso governo, è stato lasciato libero di continuare a uccidere palestinesi innocenti: bambini, civili, operatori umanitari. Patetiche sono apparse le ramanzine, infruttuose, di Biden, e sterili le bacchettate (non più di questo) dell’Occidente intero a Netanyahu innanzi alle stragi, agli “errori”, all’ostinata inarrestabile ricerca di vendetta – utile mercanzia da vendere in patria per recuperare qualche consenso – contro il “diavolo islamico” là fuori.
Ieri notte lo “spettacolo” dell’attacco, lanciato contro Israele pure dai ribelli Houthi dello Yemen. Gabinetti di guerra convocati d’urgenza, navi americane da combattimento “in preallerta”, ambasciate in allarme, caccia Usa e francesi impegnati – come in un videogioco – a spazzar via, in sinergia con lo scudo “Iron Dome”, la flotta iraniana. E perfino i più “indifferenti” – nell’Occidente sperso fra le solite disgrazie economiche, l’incurabile bulimia consumistica, uno stabilizzato disordine morale, la vita social e il gossip – sono rimasti turbati. Qualche esplicita “rassicurazione”, dopo l'invito agli americani di non impicciarsi nei fatti altrui, è venuta da Teheran («La nostra reazione, così, è conclusa, purché non succeda altro di sbagliato...»), ma Tel Aviv ha fatto sapere che risponderà «in modo significativo». E ieri si sono susseguite le nuove raccomandazioni di Washington perché invece si metta un punto al batti e ribatti. Punto che andrebbe finalmente messo anche a Gaza, risolvendo con la diplomazia pure il “nodo” degli sventurati ostaggi israeliani.
E siamo a noi: con lo sguardo puntato all’America, a Pechino che osserva e si sporge appena un po’ dalla finestra, tra un’occhiata a questo “nuovo” Medio Oriente e, sempre, a Taiwan. E – senza dimenticare la Nord Corea – alla Russia di Putin che, nella confusione generale, pensa a come infliggere il colpo fatale all’Ucraina di Zelensky, che maledice ciò che sta accadendo in Medio Oriente almeno quanto israeliani e palestinesi.
Mai come in queste circostanze s’avverte la debolezza dell’Europa, in disunione perenne, con la Francia potenza nucleare che fa corsa a sé e gli altri Paesi che hanno un peso nel tempo delle chiacchiere, meno nel tempo dell’azione, quando c’è il rischio d’una escalation della fibrillazione su scala globale.
I droni (tutti intercettati) e la scelta di utilizzare i missili balistici raccontano comunque del chiarissimo “messaggio” di Teheran ma anche e soprattutto di come l’umanità non abbia perso il vizio di scherzare col fuoco. Inutile starsi a interrogare su quale potrebbe essere la nuova Sarajevo: quando succede, è allora che te ne accorgi. L’Occidente farà bene a “prendere meglio le misure” al pianeta in ebollizione, metaforicamente e letteralmente, prima che modifichi troppo la sua forma: servono adeguati anticorpi, e ben prima di scoprire – nel più brutto dei giorni – che l’organismo estraneo siamo noi.

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