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Dolcenera: Bach? Lo amo, è un futurista come me!

Trap e classica, percussioni e melodia: alla ricerca di contaminazioni

Dolcenera: Bach? Lo amo, è un futurista come me!

Due tartarughe che a merenda mangiano pera e «otto mesi di conversazioni generazionali sulla musica, in studio, coi producers con cui stavo lavorando al mio prossimo disco». Così nasce tutto, «io che ascoltavo afro-trap francese e loro che sono giovani esperti di trap italiana: per gioco mi metto a suonare un pezzo della Dark Polo Gang (Caramelle), loro per gioco mi filmano e per lo stesso gioco questo confronto è finito sul mio canale You Tube».

Così Dolcenera (che sarà tra i protagonisti del GDShow il 15 settembre al Teatro Antco di Taormina) ha sorpreso, ha colpito, ha dimostrato che tirare fuori la cover che c'è in ogni pezzo si può, che si può stimolare il contatto anziché esitare sulle differenze. Sei cover (oltre a “Caramelle, Sciroppo e Cupido” di Sfera Ebbasta, “Non cambierò mai” di Capo Plaza, “Mmh ha ha ha” di Young Signorino e “Cara Italia” di Ghali) più “Un altro giorno sulla terra”, unico inedito di tutto il lavoro e spin off del disco che verrà.

Regina Elisabibbi (titolo dell'ep pubblicato il 18 maggio da Universal Music), chi è e che fa?

«È quella pianista a cui piace fare contaminazione musicale, esplorare mondi apparentemente lontanissimi da un piano per dire che la musica è interpretazione. Quindi trap e cantautorato si possono incontrare!».

Addirittura trap e classica. Hai fatto duettare Bach in contumacia con Young Signorino (Preludio in do minore e Mmh ha ha ha). Signorino non ha commentato... e se Bach invece potesse twittare?

«Ma Bach è un futurista come me, perciò lo amo! Non è nostalgico e non è geloso, lui va oltre quello che ti aspetti con la curiosità propria dell'evoluzione. E anche quando si trattasse di involuzione... è sempre bello andare a vedere che ci aspetta».

“Un altro giorno sulla Terra” (uscito il 25 maggio) esplora il ritmo anche attraverso il pianismo percussivo e gli appoggi della melodia. A togliere le parole e fare un disco per solo piano ci hai mai pensato? 

«Sarebbe come parlare da sola, come fare domande senza risposte. Ho nel cassetto il sogno di un disco per solo piano e voce, sarebbe il mio momento di massima libertà. Quel momento subconscio in cui realtà e immaginazione danzano e l'istinto disintegra la struttura».

Disco in autunno. Frequenterà l'anima primordiale del singolo?

Condivisione, sintonia col mondo, viaggi con la testa o con tutto il corpo per conoscere le percussioni del Sud del mondo, questo sarà. I pezzi che ho scritto scaturiscono dall'ascolto di vecchi dischi di Dina Simon, dalla lettura di “Donne che corrono coi lupi” di una psicanalista junghiana specializzata in tribù che racconta come le donne possono ritrovare la loro anima selvaggia. L'immagine che ho avuto davanti agli occhi mentre scrivevo i pezzi è quella di esseri umani per mano attorno al fuoco. La verità è che avrei voluto vivere in una comune!».

Prima ti trinceri dietro e poi lo suoni come se volessi scavalcarlo. Il tuo pianoforte è strumento per cosa?

«È strumento per essere io. Senza non avrei sviluppato quell'approccio creativo che, sopratutto quando fai una cover, te la fa riscrivere».

Da "pubblicata" hai partecipato ad un talent (Music Farm), peraltro vincendolo. Com'è il viaggio verso le conferme?

«Infinito. Io tendo a non guardare indietro, per fare la saggia dovrei rinunciare ad essere la bambina che mi fa felice nella musica. Anche quando penso chi me lo fa fare a cercare sempre cose nuove, a non darmi pace, a non rifare qualcosa che ha già avuto successo so che questo mi penalizza. Non so essere furba nella musica».

In principio fu la vittoria a Sanremo Nuove Proposte nel 2003 con un pezzo di pizzica (Siamo tutti là fuori). E se ti proponessero la direzione artistica della Notte della Taranta?

«Ma pensa che sono l'unica a non essere mai stata invitata neanche come ospite!».

Con che tono lo dici?

«Con un enorme punto di domanda. A meno di dietrologie che mi sfuggono, sono una salentina che ha pure esplorato il genere, all'esordio e in questo mio periodo di ricerca dei suoni tradizionali del Sud del mondo. Brasile, Africa, Cuba hanno punti di contatto col nostro Sud Italia. Quindi Dolcenera direttore artistico oggi metterebbe a confronto le culture».

In fondo «non arrendersi mai è una bella verità», parola tua...

«Sì, se ci penso però che fatica, parola mia!».

Ora Dolcenera è un' “anima salva”?

«No, per niente! Io sono una instabile in un mondo velocissimo. Anche la musica corre, negli ultimi due anni è come se ne fossero passati venti. Nel consumismo generale, dovremmo stare tutti attenti e la politica su tutti, a non svendere la cultura».

La bellezza ci salverà?

«No, perché non è di facile consumo, non è rapida. Vuole tempo per sé, non è immediatamente virale».

Riformulo: un like ci salverà?

(«No!»).

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