Un velivolo nuovo, controllato da poco, condizioni meteorologiche buone. Nulla faceva presagire il disastro: invece un Boeing 737 della Ethiopian Airlines partito da Addis Abeba per Nairobi si è schiantato sei minuti dopo il decollo, uccidendo tutte le 157 persone che erano a bordo, tra cui 8 italiani.
L’aereo della compagna di bandiera etiope, con 149 passeggeri e 8 membri dell’equipaggio, era decollato alle 8.38 locali (le 10.38 italiane) dallo scalo di Addis Abeba, diretto in Kenya. Ma qualcosa è andato subito storto. I radar hanno evidenziato una «velocità verticale instabile» ed effettivamente il comandante ha contattato terra avvertendo che c'era qualcosa che non andava e ottenendo l’autorizzazione al rientro. Purtroppo, senza successo: alle 8.44 il Boeing si è schiantato al suolo, 60 chilometri a sud-est di Addis Abeba.
«L'esplosione è stata fortissima e le fiamme si sono propagate con una forza tale che non siamo riusciti ad avvicinarci», ha raccontato un testimone alla Bbc. Non c'è stato scampo per tutte le persone a bordo, di 35 nazionalità diverse. Otto gli italiani, tra cui l’assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, che era diretto a Malindi per una conferenza dell’Unesco.
E poi Virginia Chimenti, Maria Pilar Buzzetti e Rosemary Mumbi, impegnate a vario titolo con il World Food Programme; il presidente della ong Cisp e rete LinK 2007 Paolo Dieci; tre volontari della ong Africa Tremila, Carlo Spini, sua moglie Gabriella Vigiani e il tesoriere Matteo Ravasio. Il premier Giuseppe Conte ha espresso il suo cordoglio ai familiari, il ministro degli Esteri Enzo Moavero ha assicurato la «massima assistenza».
Tra le vittime si contano anche altri funzionari dell’Onu, che probabilmente avrebbero dovuto partecipare all’importante conferenza sull'ambiente in programma da domani a Nairobi. Si ignorano al momento le cause tecniche dell’incidente. Le immagini dal luogo del disastro, un grosso cratere, fanno presupporre che l’impatto abbia praticamente disintegrato l'aereo, lasciando sul terreno piccoli pezzi di rottami, in un’area grande quanto un campo di calcio.
In questo scenario potrebbe complicarsi la ricerca delle scatole nere, fondamentali per ricostruire le ultime fasi del volo. La stessa Ethiopian ha invocato pazienza. «È troppo presto per fare illazioni, ci saranno ulteriori indagini», ha spiegato l’ad della compagnia Tewolde Gebremariam, precisando che ci sarà l’assistenza di «tutte le controparti, inclusi il produttore Boeing, l’autorità dell’aviazione civile etiope e altri enti internazionali».
Gli Stati Uniti invieranno un loro team, ed anche l’Italia potrebbe chiedere di partecipare, perché suoi cittadini sono rimasti coinvolti. Quanto al velivolo precipitato, si sa che era un Boeing 737-8 Max, consegnato alla compagnia a metà novembre. La sua ultima manutenzione era stata recente, risaliva al 4 febbraio, ed il comandante era considerato esperto, con oltre 8mila ore di volo all’attivo.
C'è però un’analogia con un altro disastro accaduto di recente. Il 737-8 Max è lo stesso modello dell’aereo della compagnia privata indonesiana Lion Air inabissatosi nel Mar di Giava lo scorso ottobre, con 189 persone morte. Anche in quel caso, pochi minuti dopo il decollo, da Giakarta. Ancora oggi non è stata stabilita la causa di quell'incidente, a parte un malfunzionamento ricorrente nei quattro voli precedenti effettuati da quell'aereo, nel sensore della velocità.
L'Ethiopian ha però chiarito che nel suo apparecchio non c'erano anomalie prima della partenza. Allo stesso modo, vari esperti di sicurezza ritengono prematuro confrontare i due incidenti fin quando non si saprà di più su quanto è successo in questa maledetta domenica nei cieli dell’Etiopia.
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