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Libia sempre più incandescente, l'allarme dei servizi segreti: in 6 mila pronti a partire per l'Italia

Il comune di Motta San Giovanni

Sei mila profughi pronti a partire dalla Libia per raggiungere l'Italia. Una massa di persone sempre più pronta a voler raggiungere la nostra nazione anche a causa dell’intensificarsi dei combattimenti per la conquista di Tripoli.

Un dramma che viene evidenziato in un report dei servizi segreti italiani presentato sia al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nelle audizioni al Copasir. Lo riporta il Corriere della Sera che sottolinea come tra i 6 mila pronti a imbarcarsi ci siano moltissimi bambini e donne.

I combattimenti attorno a Tripoli hanno causato finora 121 morti e 561 feriti. Lo riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che aggiorna il bilancio dell’offensiva lanciata dal generale Khalifa Haftar lo scorso 4 aprile. L’Oms, che sta inviando materiale sanitario e sta incrementando il proprio personale sul campo, denuncia «ripetuti attacchi contro mezzi degli operatori sanitari».

Attacchi e controffensive, avanzate e ritirate, morti, feriti e centinaia di civili intrappolati: si fa sempre più cruenta la battaglia alle porte di Tripoli, che si combatte furiosamente tra le forze fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Fayez al Sarraj e quelle di Khalifa Haftar.

Il decimo giorno della guerra proclamata dal maresciallo è stato segnato da violenti scontri lungo l’asse a sudovest della capitale. Ieri, dopo una notte di combattimenti, i soldati dell’uomo forte della Cirenaica hanno sfondato le linee avversarie, avanzando a colpi di artiglieria, missili Grad e sostenuti dai raid aerei. Due le zone conquistate per diverse ore: quella di Suani ben Adem, 25 km a sudovest di Tripoli, e quella di Aziziya, una trentina di chilometri più a sud, lungo la direttrice che conduce a Zintan e Gharyan. Dopo ore di battaglia, lanci di razzi e vittime, soprattutto civili - almeno cinque gli uccisi, tra i quali una donna incinta - le milizie di Tripoli hanno lanciato il contrattacco e respinto i nemici a Suani ben Adem.

Nel primo pomeriggio dal centro della cittadina si levavano dense colonne di fumo nero. Le truppe di Haftar sono state costrette alla ritirata, lasciando diverse unità di fanteria lungo la linea di un fronte frastagliato, lontane dalle retrovie. I soldati, a corto di munizioni, sparavano contro i tuwar nel tentativo di aprirsi una via di fuga. I soldati che difendono la capitale sono poi avanzati anche su Aziziya, strappando parte della città agli avversari. Sul campo, hanno riferito fonti attendibili, sono arrivate anche le temibili milizie di Zintan, protagoniste della cacciata di Muammar Gheddafi da Tripoli nel corso della rivoluzione del 2011 e pronte ora a combattere per la difesa della capitale.

Decine e decine di famiglie sono bloccate tra due fuochi: moltissime le telefonate strazianti dalle zone di combattimento che arrivano ogni giorno al centro di emergenza di Tripoli. Soprattutto donne, che chiedono cibo, acqua oppure "qualcuno che ci venga a prendere». Ad Ain Zara, altro fronte caldo a soli 15 km a sudest della capitale, una scuola elementare deserta è stata centrata da un raid di Haftar. Non ci sono state vittime, ma le bombe piovute dal cielo hanno terrorizzato i tanti rifugiati presenti nell’area, che nei giorni scorsi hanno trovato riparo proprio in edifici pubblici attualmente chiusi. I militari di Tripoli hanno l’ordine di limitare la potenza di fuoco, evitare vittime e distruzioni.

«Combattiamo per la nostra terra, per tutti i libici. Per questo sino ad oggi siamo ancora rimasti sulla difensiva: anche i soldati di Haftar sono nostri compatrioti», ha detto all’ANSA il generale Abuseid Shwashli, al comando della regione del distretto sudovest. "Quelli di Haftar hanno armi più moderne, ma non le sanno usare. Sono soprattutto reclute, meno del 20% delle loro forze ha esperienza, e combattono per lo stipendio oppure perché sono costretti», ha sottolineato Shwashli, mentre nel suo quartier generale pezzi di artiglieria pesante vengono tirati a lucido, pronti all’uso se da Tripoli partisse l’ordine di un attacco massiccio. «Se dovesse arrivare quell'ordine, saremmo costretti a fare terra bruciata», ha detto ancora il comandante. Nel centro di Tripoli, per il momento, arrivano solo gli echi delle battaglie che si combattono alle sue porte. Il sole al tramonto illumina le lunghe code di auto ai distributori a caccia di benzina: l’unica vera immagine di guerra nella capitale in queste ore cruciali per il destino della città, e di tutta la Libia.

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