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Kiev, la terapia dei cavalli per guarire i soldati dai trami della guerra

In una stalla alla periferia di Kiev, un soldato ucraino, ancora in mimetica, sale in groppa a un cavallo, abbracciandolo e accarezzandone dolcemente il manto. Non è l’unico. In uno degli ippodromi della città, ormai quasi fatiscente a causa delle bombe, i soldati in congedo partecipano a sessioni di equinoterapia volti ad aiutarli nell’affrontare i traumi psicologici prima di dover tornare al fronte.
Dietro questo progetto c'è un’iniziativa privata pensata e creata da Spirit, un’organizzazione che di solito lavora con i bambini e i disabili e che ha lanciato il programma «Spirit Warrior» per aiutare i soldati impegnati al fronte. Una terapia psicologica che comprende anche l’entrata in contatto con altri animali come cani o gatti ma che ha nei cavalli il punto forte.
«Il primo passo si chiama condivisione, per conoscersi», ha spiegato la responsabile della Ong all’agenzia Afp. Poi si tratta di «stabilire un contatto con un animale. Proiettiamo i nostri sentimenti su di lui», continua. I cavalli, in questo esperimento, hanno un ruolo centrale. Il rapporto che si crea con Persik (Peach), Kombat, Spirit e Amethyst, ospiti dell’ippodromo, è stretto, completo coinvolgente in tutto. I soldati montano in groppa ai destrieri procedendo a passo d’uomo, con un addetto a piedi che tiene le briglie. «Non dimenticate di respirare e di rilassarvi», ordina dolcemente l’istruttrice guidandoli, uno a uno. Infine, i pazienti prendono le redini per una cavalcata al trotto per provare a riacquistare la propria libertà.
Un militare di 51 anni con gli occhi profondamente cerchiati ha un sorriso sul volto mentre cavalca per la prima volta dall’infanzia. «La seduta ha avuto un effetto calmante su di me. Vedremo come mi sentirò in serata», dice, nome in codice «Ded» ("Nonno"). «Con il cavallo si fa esercizio fisico e si ottiene un pò di sollievo psicologico, perchè il cavallo è un guaritore», continua.
Tutti i soldati che frequentano il centro sono stati al fronte e dovranno tornarci. «Hanno già visto molte cose che possono causare un disturbo da stress post-traumatico. Non facciamo diagnosi qui, ma il loro stato psico-emotivo è molto complicato», spiegano i responsabili. La terapia con gli animali dovrebbe permettere ai soldati di concentrarsi su cose diverse dalle immagini perpetrate dal conflitto con i russi. «Il nostro lavoro mira a ridurre lo stress, a rilassare la persona, a far sì che un’altra (esperienza) penetri nel cervello e dia una nuova percezione della realtà».
Oleg, un soldato di 35 anni che si fa chiamare «Diadia» ("Zio"), è alla sua seconda seduta. Entusiasta, questa volta ha portato con sè due commilitoni. «E' un’atmosfera completamente diversa: il contatto con gli animali, il parlare di sè, la possibilità di condividere le proprie emozioni ed esperienze. E’ fantastico, ricarica le batterie per il futuro», spiega. «Quando non sei al fronte, cerchi di tenerti occupato tutto il tempo», conclude Oleg, «in modo che i pensieri, l’ansia che puoi aver provato nelle missioni di combattimento non ti torturino». E lo si può fare anche in un ippodromo, di fortuna, alle porte della Capitale.

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