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Guerra in Medio Oriente, tregua in bilico. Sale la tensione a Jenin: raid e morti

La tregua tra Israele e Hamas, rispettata da entrambe le parti per sei giorni, sta per scadere. E dopo la liberazione di un nuovo gruppo di ostaggi, gli sforzi di mediazione si concentrano sul prolungamento della pausa nei combattimenti, almeno di qualche altro giorno. Si lavora sul filo del rasoio, perché la tensione resta alta in tutti i territori. Nella stessa Striscia, dove sono stati uccisi quattro palestinesi, fino alla Cisgiordania. Come dimostrano i nuovi raid israeliani a Jenin: tra le vittime, due capi militari, ma anche due minori. L’ultima giornata, sulla carta, senza ostilità nella Striscia, si è aperta con una nuova lista di 10 ostaggi consegnata da Hamas a Israele. In serata, il movimento che controlla la Striscia ha consegnato 12 persone alla Croce Rossa. Tra loro anche due donne con doppia nazionalità russa e israeliana, Elena Trupanov (50 anni) e sua madre Irena Tatti (73 anni). Come nel caso di Ron Kriboy, rilasciate «in omaggio» a Vladimir Putin, che ha condannato l’escalation militare di Israele nella Striscia. In parallelo sono proseguiti gli sforzi di mediazione per un’estensione della tregua. Il Qatar, impegnato direttamente nei colloqui con Hamas, si è detto ottimista, spingendosi anche oltre: dopo le donne e ai bambini, «ci stiamo muovendo per il rilascio dei civili uomini», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri. «Liberare più ostaggi e ricevere più assistenza umanitaria» è anche la priorità degli Stati Uniti, come ha detto il segretario di Stato Antony Blinken, alla vigilia di un nuovo viaggio in Israele. Ma la Casa Bianca avrebbe in mente un obiettivo più ambizioso, una tregua duratura. Lo ha fatto intendere Joe Biden, affermando in un messaggio su X che "continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare a Hamas ciò che cerca», ossia impedire che «israeliani e palestinesi vivano fianco a fianco in pace». Mai finora il presidente americano si era spinto così avanti, almeno pubblicamente. Israele, di fronte a questo pressing, per ora non sembra intenzionato a cambiare linea. «Finché avremo le liste dei nostri rapiti, procederemo per un tempo massimo di 10 giorni» in tutto, ha puntualizzato una fonte politica israeliana. Sulla base dell’informazione che Hamas abbia donne e bambini in ostaggio per altri «due, forse tre giorni». Mentre il premier Benyamin Netanyahu ha ribadito che «dopo questa fase di rientro dei nostri ostaggi, Israele tornerà in guerra».

Con l’obiettivo di sradicare Hamas dalla Striscia. Il conflitto tra Israele e l’ala più oltranzista dei palestinesi, del resto, non si è mai fermato del tutto, neanche in questi giorni di tregua nella Striscia. In Cisgiordania si è continuato a combattere con l’epicentro a Jenin. Nella cosiddetta piccola Gaza l’esercito israeliano ha rivendicato di aver ucciso il capo delle Brigate Jenin, Mohammad Zabeidi, insieme ad un altro leader militare, in un raid nel campo profughi della città. Le autorità palestinesi hanno invece denunciato l’uccisione di un bambino di nove anni e di un quindicenne. Ed anche a Gaza sono stati uccisi quattro palestinesi, uno mentre cercava di rientrare a casa sua nel nord, gli altri tre perché, secondo l’esercito, «minacciavano le forze israeliane». Lo scontro che infiamma la Striscia è proseguito anche sul piano diplomatico, nel corso di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu presieduta dalla Cina. «Questa carneficina deve finire», è stato l’appello lanciato dal ministro degli Esteri palestinese Riyad Al-Maliki. «Chiunque sostenga un cessate il fuoco, in realtà sostiene la continuazione del regno del terrore di Hamas», la risposta dell’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan. In questa contrapposizione la richiesta di Pechino di lavorare ad «cessate il fuoco totale e duraturo con la massima urgenza» per arrivare alla soluzione dei due Stati è apparsa per il momento quanto mai irrealistica.

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