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La rivolta degli agricoltori in Europa: ecco perché e quali sono le rivendicazioni

 In tutta Europa si sta allargando a macchia d’olio la protesta degli agricoltori, che da oltre due settimane manifestano ai quattro angoli del vecchio continente. Anche se il nemico comune è l’Unione europea e le sue norme contestate a gran voce, sono mossi da rivendicazioni in parte diverse da paese a paese. A Bruxelles, minacciata dai trattori dei contadini in rivolta, sono in corso discussioni tra Commissione Ue, sindacati, aziende agricole ed esperti del settore. Sono queste le rivendicazioni in ogni nazione, che spingono gli agricoltori a scendere in piazza, bloccando spesso autostrade, confini e città.

In Belgio gli agricoltori sono confluiti a Bruxelles, capitale Ue e cuore pulsante delle norme denunciate, dopo aver bloccato la circolazione in diverse province della Vallonia. A farsi portavoce delle rivendicazioni della categoria sono la Fugea, la Federazione vallonese dell’agricoltura (FWA) e la Federazione dei Giovani agricoltori (FJA). I punti centrali della loro mobilitazione sono la garanzia di un reddito dignitoso, in quanto è evidente che esiste un divario molto significativo tra il prezzo di vendita nei negozi e ciò che effettivamente riceve il produttore.

Gli agricoltori chiedono un adeguamento dei margini per remunerare meglio i produttori, ma anche un inasprimento degli standard nei confronti degli altri paesi che esportano prodotti in Belgio a prezzi ridotti. Ciò costringe gli agricoltori belgi a ridurre i loro margini. In secondo luogo gli agricoltori belgi vogliono che le norme loro applicate, in particolare in termini fitosanitari o antibiotici, e che aumentano i loro costi di produzione, siano imposte anche ai prodotti importati nel quadro del libero scambio. La terza istanza è lo stop dell’improduttività, conseguenza della riforma della PAC (Politica agricola comune) che costringe gli agricoltori a ridurre la propria attività. Concretamente significa che su 100 ettari, quattro dovrebbero essere lasciati a maggese, a rotazione annuale, per promuovere la biodiversità.

Ciò crea una concorrenza sleale con i paesi di altri continenti che non sono soggetti a questi standard. Infine voglio ottenere una riduzione degli oneri amministrativi, denunciando pratiche troppo complesse per le quali devono stare fino a una giornata alla settimana dietro al computer, invece di concentrarsi sulla produzione. «Quello che vogliamo è avere cibo di alta qualità, capire come possiamo produrlo, ad un prezzo accessibile a tutti, e che provenga dal nostro territorio. Rispetto al resto del mondo produciamo con standard più elevati, sia in termini di salute che di tutela dei consumatori.

Tutto questo tenendo presente che ci sono anche le sfide della transizione ecologica che devono essere portate a compimento in modo efficiente e realistico», ha riassunto Marianne Streel, presidente della FWA. In Vallonia, campanello d’allarme per il fatto che meno del 5% degli agricoltori hanno meno di 35 anni, ponendo un problema preoccupante per il futuro del settore in questo territorio belga.

PAESI BASSI

E’ da questo piccolo Paese di quasi 18 milioni di abitanti, secondo esportatore mondiale di prodotti alimentari dietro gli Stati Uniti, che è partita la rivolta del mondo agricolo nel giugno 2022. Nei Paesi Bassi, un progetto governativo per ridurre le emissioni di azoto riducendo il numero di capi di bestiame aveva spinto migliaia di agricoltori olandesi sulle strade. Alla guida dei loro trattori, hanno bloccato le autostrade e protestato davanti alle case dei leader politici in diversi momenti. Dopo mesi di proteste, la rivolta contro l’esecutivo ha provocato un’ondata elettorale di un giovane partito che riunisce gli agricoltori, il «Farmer-Citizen Movement» (BBB), entrato in vigore al Senato nel marzo 2023, anche se alla fine ha vinto meno seggi del previsto alle elezioni generali di novembre.

L’esasperazione del mondo contadino si è diffusa negli ultimi mesi anche alla Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria. I produttori di tutti questi Paesi denunciano sostanzialmente la «concorrenza sleale» dell’Ucraina, accusata di abbassare i prezzi dei suoi cereali. In effetti, sulla scia dell’offensiva russa, l’UE ha sospeso nel maggio 2022 i dazi doganali su tutti i prodotti importati dall’Ucraina e ha creato «corridoi di solidarietà» per consentire a Kiev di far transitare le sue scorte di cereali. Solo che molto cibo finisce per accumularsi tra i suoi vicini europei. Contro questo afflusso di grano o mais ucraino, gli agricoltori polacchi, bulgari e rumeni hanno tirato fuori i loro trattori per bloccare i valichi di frontiera con l’Ucraina.
In Polonia, le proteste hanno portato, nell’aprile 2023, alle dimissioni del ministro dell’Agricoltura, ma non è bastato a placare la loro rabbia. Per gli agricoltori polacchi questo afflusso di cereali ucraini venduti a un prezzo inferiore rispetto ai loro prodotti sul mercato nazionale, mettendo in pericolo la loro produzione e i loro mezzi di sussistenza, pertanto vogliono sussidi e una riduzione delle tasse agricole. I negoziati avviati alcuni mesi fa tra Polonia, Ucraina e UE su questo tema non hanno finora portato ad un accordo. In Romania gli agricoltori chiedono la riduzione delle tasse «troppo alte», l’accelerazione del calendario dei pagamenti dei sussidi oltre ad un risarcimento per la siccità e il deficit legato all’apertura del mercato europeo ai cereali ucraini.

 SPAGNA

In Spagna, infine, i tre principali sindacati agricoli, stremati dalle ripetute siccità, hanno aderito il 30 gennaio al movimento europeo di protesta dei contadini. Anche loro denunciano «la burocrazia soffocante generata dalle normative europee» mentre «il mercato deregolamentato importa prodotti agricoli da paesi terzi a prezzi bassi, che spingono al ribasso». In un comunicato congiunto sottolineano che «questi prodotti extracomunitari non rispettano le regole europee, sono causa di concorrenza sleale e minacciano la sopravvivenza di migliaia di aziende agricole in Spagna e in Europa».

FRANCIA

In Francia, a guidare proteste e trattative col governo è la potente Federazione nazionale dei sindacati delle aziende agricole (FNSEA) e in parte il gruppo dei Giovani agricoltori. Per chiarezza, hanno diffuso un elenco di rivendicazioni in dieci punti che sollecita, al primo punto, una retribuzione «più giusta» per tutti gli agricoltori, richiesta comune e primordiale. Sebbene esistano molte disparità nel reddito degli agricoltori, a seconda soprattutto del tipo di attività agricola, secondo l’INSEE nel 2021 il 18% delle famiglie agricole viveva al di sotto della soglia di povertà.
In secondo luogo chiedono il «rispetto assoluto delle leggi Egalim», che mirano a migliorare la remunerazione degli agricoltori, attraverso la supervisione delle trattative commerciali tra distributori e produttori. La loro efficacia viene messa in discussione e i produttori vengono accusati di non stare al gioco, il che, di conseguenza, priva gli agricoltori di una parte del loro reddito.

Se il premier Gabriel Attal ha annunciato sanzioni «molto pesanti» contro le aziende che non rispettano le leggi Egalim, gli agricoltori continuano a chiedere per loro il «rispetto assoluto». Al terzo punto c'è il pagamento immediato degli aiuti della PAC e delle compensazioni sanitarie e climatiche. Se la Politica agricola comune dell’Unione europea fornisce aiuti agli agricoltori, i manifestanti denunciano l’"onere amministrativo» che richiede, e il fatto che dallo scorso anno i pagamenti diretti degli aiuti europei sono subordinati all’applicazione di standard ambientali.

La FNSEA chiede quindi il pagamento immediato di questo aiuto, «qualunque sia la ragione del mancato pagamento». Viene anche richiesto il pagamento immediato degli indennizzi sanitari e climatici, questa volta dovuti dallo Stato. Ciò riguarda, ad esempio, le aziende agricole i cui animali sono affetti da malattia emorragica epizootica (EHD), tubercolosi, influenza aviaria, o i cui locali sono stati esposti ad inondazioni. Richiesti, inoltre, aiuti immediati ai settori più in crisi: viticoltura e agricoltura biologica.
I viticoltori sono stati infatti colpiti negli ultimi anni da numerose difficoltà, in particolare rischi climatici come siccità o gelate, ma anche difficoltà economiche, legate all’aumento delle risorse energetiche o delle materie prime. Anche le aziende agricole biologiche si trovano ad affrontare molte difficoltà, tra cui un calo significativo delle vendite legato all’inflazione. Il sindacato di maggioranza vuole dal governo misure ad hoc per gli allevatori, e che l’allevamento sia considerato «una grande causa nazionale».(AGI)
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 Anche la gestione dell’acqua è al centro delle preoccupazioni degli agricoltori. Se Gabriel Attal ha annunciato l’abrogazione del termine per la creazione dei bacini idrici, la FNSEA vuole andare oltre e chiede in particolare «l'applicazione piena e completa della Varenne de l’eau», l’"attuazione di un sistema più adatto siccità» o addirittura «garantire i prelievi idrici». Il «Green Deal» (di cui fa parte la PAC) dell’Unione Europea è nel mirino anche degli agricoltori, che desiderano uscirne.

Ciò impone standard diversi per preservare la biodiversità e garantire la sicurezza alimentare, che molti agricoltori trovano difficile mantenere. Chiesta anche un’esenzione per i terreni incolti. E’ proprio questo uno degli obblighi ambientali compresi nel Patto Verde: il fatto di dover lasciare il 4% dei terreni coltivabili a maggese o in infrastrutture agroecologiche (siepi, alberi, boschetti, stagni, ecc.). Uno standard che rappresenta una perdita di reddito per gli agricoltori. Ottenere «un reddito dignitoso per tutti gli agricoltori», comporterebbe in particolare l’istituzione di una legge che vieti tutti i prezzi agricoli inferiori ai prezzi di costo. Infine la FNSEA vuole l’uscita dagli accordi di libero scambio e la fine dei negoziati ad essi associati. Primo ministro e presidente hanno ribadito il rifiuto della Francia di firmare l’accordo di libero scambio tra l’UE ed i paesi del Mercosur. Gli agricoltori ritengono che si tratti di «concorrenza sleale».

GERMANIA

La Germania ha fatto in qualche modo da apripista nelle proteste degli agricoltori che si stanno mobilitando da fine dicembre contro la riforma della tassazione del gasolio agricolo decisa dal governo di Olaf Scholz. Per contestare la fine del vantaggio fiscale sul gasolio agricolo, che scatta nel 2026, lo scorso 15 gennaio migliaia di agricoltori e più di 5mila trattori hanno bloccato Berlino. Oltre all’eliminazione dei vantaggi fiscali, sono mossi da un vasto campo di rivendicazioni che vanno dalla «burocrazia» alla fluttuazione dei redditi passando per la critica alle esigenze ambientali. In Germania, tuttavia, a differenza della Francia non c'è un’opposizione di fondo all’accordo di libero scambio Mercosur-Ue.

GRECIA

In Grecia, gli agricoltori intendono convergere a Salonicco, dove dal 1 al 4 febbraio verrà organizzata una fiera agricola. Ricevuti dal Presidente della Repubblica, hanno denunciato l’aumento dei costi di produzione, mentre le catastrofiche inondazioni hanno distrutto i raccolti l’estate scorsa e il prezzo dell’olio d’oliva è salito alle stelle. Sono rivendicazioni condivise dai loro omologhi italiani.

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