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Gli 007 britannici: 350mila soldati russi morti o feriti in 2 anni di guerra

Secondo il report quotidiano dell’intelligence militare britannica su X, durante i due anni di guerra in Ucraina le perdite russe sono pari e in molti casi superiori al numero di soldati inviati sul campo nei primi giorni dell’invasione: 350.000 militari russi sono rimasti uccisi o feriti dal 24 febbraio 2022 a oggi.

Tuttavia, Mosca è riuscita a recuperare le perdite. «L'esercito russo in Ucraina è attualmente più numeroso rispetto al 2022. I russi sono in grado di continuare gli attacchi in prima linea e applicare la strategia di logoramento per esaurire le forze ucraine», hanno affermato i servizi britannici.

La guerra in Ucraina ha definitivamente confermato la centralità dell’utilizzo di droni nei moderni conflitti. I velivoli senza pilota, ormai usati per colpire e non solo per attività di ricognizione, hanno dimostrato di poter infliggere perdite enormi a eserciti imponenti, ma privi di un adeguato sistema di difesa. All’origine della centralità dei droni in questa guerra vi è stata l’incapacità di entrambe le parti di prendere il controllo dello spazio aereo a causa dei sistemi di difesa integrati in dotazione a entrambi gli eserciti.

Uno stallo che ha spinto Kiev a seguire una strategia ben precisa, utilizzando i droni per sopperire alla differenza di forze in campo. L’Ucraina ha usato a proprio favore i vantaggi dell’uso di velivoli divenuti nei mesi sempre più piccoli e non rilevabili dai radar nemici, oltre che letali, economici, facili da manovrare e rapidi da produrre. In Ucraina i droni hanno ridotto la cosiddetta 'catena della mortè, vale a dire il lasso di tempo che passa dal momento in cui il nemico viene individuato a quando viene annientato.

Attività di ricognizione, attacchi mirati oltre le linee, monitoraggio del nemico, sono tutte attività strategiche fondamentali che in questa guerra sono state affidate a velivoli senza pilota. Allo stesso tempo il conflitto ha accelerato la ricerca e lo sviluppo dei droni da combattimento.

Kiev ha prodotto e utilizzato droni che vanno dalle dimensioni del palmo di una mano, fino a velivoli di 500 chili per colpire e rallentare l’avanzata russa. Mosca è scesa in campo forte del proprio esercito e solo in un secondo momento ha capito l’importanza dei droni nell’influenzare l’andamento del conflitto, pagando questo ritardo a caro prezzo.

Nel primo anno di conflitto i piccoli droni ucraini sono stati utilizzati per sganciare granate sulle postazioni russe, mentre i grandi TB2 Bayraktar di produzione turca, infliggevano centinaia di milioni di dollari di danni agli armamenti del Cremlino, arrivando fino ad affondare la nave russa Moskva.

Il presidente russo Vladimir Putin ha risposto, tardivamente, con l’acquisto di centinaia di droni kamikaze iraniani, gli Shahed-136 che hanno messo in difficoltà le difese aeree ucraine. Tuttavia proprio le nuove tecnologie e la produzione industriale di queste armi costituiscono la principale carta da giocare in futuro per Kiev.

Il governo ucraino punta a produrre velivoli senza pilota capaci di colpire fino a mille chilometri di distanza, il che significherebbe mettere nel mirino obiettivi all’interno dei confini russi. Particolarmente significativo l’accordo siglato con l’azienda turca Baykar, che consente all’Ucraina di produrre componenti dei famigerati TB2. A livello di tecnologie in campo in una prima fase del conflitto sono stati decisivi i già citati TB2 Bayraktar arrivati dalla Turchia.

Dotati di razzi e armi pesanti e difficilmente identificabili dai radar russi (come già avvenuto in Libia ndr), i droni disegnati dal genero del presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno permesso di colpire obiettivi importanti e di sfondare lo spazio aereo che Mosca pensava di controllare. Perdite pesanti che hanno spinto i russi a correre ai ripari, al punto che l’esercito russo può ora identificare e colpire questi grandi droni turchi.

Kiev ha risposto passando a un più massiccio di droni di piccole dimensioni. Secondo quanto dichiarato dal vice premier ucraino Mykhailo Fedorov, nel 2023 la produzione interna del Paese ha raggiunto i 300 mila droni, senza contare i velivoli ricevuti da Paesi alleati.

L’obiettivo dichiarato è arrivare a un milione di droni nel 2024, con almeno la metà dei componenti fatti in casa, molti dei quali a partire da una riconversione di tecnologie già utilizzate a uso civile. Un esempio è dato dai dai droni First person View (FPV), normalmente utilizzati per competizioni sportive e riprese, che sono stati 'ammodernatì a costi bassissimi, armati con esplosivo e usati per colpire obiettivi non in movimento.

Pur essendo monouso hanno il vantaggio di non essere rilevati dai radar russi. Solo un anno fa l’Ucraina produceva sette tipi di droni, ora ne produce circa 80. Un modo per sopperire al bisogno di armi e munizioni dall’estero che il presidente ucraino Volodimir Zelensky è tornato a chiedere con insistenza.

A rendere l’idea della priorità che i droni rivestono per Kiev un’analisi del Royal United Services Institute (RUSI) secondo cui Kiev ha bisogno di 240 mila bombe al mese per contrastare i russi. Questi ultimi al contrario, possono contare su una produzione di 125 carri armati su base mensile. Mosca può contare su una scorta di munizioni cinque volte superiore a quella ucraina.

Numeri che rendono l’idea di come questa guerra veda contrapposti da un lato una difesa aerea ucraina resa sempre più fluida dall’utilizzo dei droni e dall’altro la poderosa produzione bellica russa. I droni hanno sostituito per priorità i carri armati e sono ben più rapidi e facili da produrre sia di questi ultimi che di razzi capaci di colpire a lungo raggio.

Putin è comunque corso ai ripari e risposto con i droni di produzione russa Orion, Eleron-3, Orlan-10 e Lancet; tuttavia le sanzioni piovute dai Paesi occidentali hanno frenato la produzione interna russa. Il leader russo è stato costretto a virare sui droni iraniani Shaheed-136, capaci di trasportare 45 chili di esplosivo.

Da una recente inchiesta è emerso che la Russia ha costruito una fabbrica nella regione del Tatarstan, a 800 km da Mosca e punta a costruire 6 mila droni sul modello iraniano, rinominati Geran-2, entro il 2025. La corsa alla produzione di droni è stata affiancata dallo sviluppo di sistemi aerei di difesa. I droni turchi TB2 non stanno più avendo il ruolo fondamentale rivestito nei primi mesi di conflitto proprio perchè, come detto, Mosca ha capito come intercettarli.

I sistemi di difesa dei due Paesi hanno permesso l’abbattimento di migliaia di droni, ma si tratta di apparati e razzi costosissimi spesso utilizzati per abbattere droni da poche centinaia di euro. Ora la sfida tra Kiev e Mosca si gioca anche per la produzione di una contraerea che sia più economica dell’obiettivo. Il conflitto va avanti non solo sul campo di battaglia, ma anche in quello dello sviluppo e degli investimenti mirati ad alzare il livello della "guerra elettronica", al momento la via più rapida per contenere danni e perdite inflitte da droni e cambiare gli equilibri del conflitto.

Al momento la Russia sembra puntare sulla superiorità della propria aeronautica e sul miglioramento dei propri droni; al contrario l’Ucraina continua a sviluppare soluzioni economiche e di rapida produzione. Se Mosca riuscirà davvero a produrre 6 mila droni sul modello iraniano entro un anno potrebbe però sopperire a una inferiorità che al momento le è costata cara. La produzione ucraina si è però dimostrata rapida e variegata e un uso adeguato dei nuovi droni 'smart' potrebbe nei prossimi mesi mettere in seria difficoltà la già lenta avanzata russa.

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