Domenica 24 Novembre 2024

Israele verso l'attacco a Rafah, un raid su due case ha già ucciso 16 persone. L'appello dell'esercito: "I residenti lascino la città"

Le forze armate israeliane lanciano, attraverso «manifesti, messaggi SMS, telefonate e trasmissioni mediatiche in arabo», l’appello ai cittadini di Rafah a trasferirsi dalla parte orientale della città all’"area umanitaria ampliata di Al-Mawasi». E’ quanto si legge sui profili social delle IDF, in un messaggio in cui si ribadisce che l’esercito «continuerà a perseguire Hamas ovunque a Gaza finchè tutti gli ostaggi che tengono prigionieri non saranno tornati a casa». Sembra il segnale che l’attacco israeliano sulla città del sud della Striscia, accusata di ospitare il quartier generale di Hamas, stia per iniziare. Intanto un raid israeliano contro due casa a Rafah ha già ucciso 16 persone. I soccorritori hanno riferito di nove morti nella «famiglia Al Attar» e altri sette nella «famiglia Keshta». Una fonte ospedaliera ha confermato il bilancio degli attacchi, precisando che sono avvenuti «nel campo profughi di Yebna a Rafah e nei pressi di Al Salam». L’evacuazione di Rafah avviata questa mattina dall’esercito israeliano è una «operazione di portata limitata»: lo ha detto un portavoce di IDF in un briefing con la stampa. «Questa mattina... abbiamo iniziato un’operazione di portata limitata per evacuare temporaneamente i residenti nella parte orientale di Rafah», ha precisato. «Si tratta di un’operazione di portata limitata».

Rafah, la città spezzata sull'orlo della catastrofe

Rafah, la città al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, ormai da settimane è sull'orlo di una catastrofe umanitaria. Il negoziato per un cessate il fuoco tra Hamas e Israele giace su un binario morto, le Nazioni Unite ha messo in guardia dalle conseguenze di un’intervento militare, 1,5 milioni di civili si trovano in trappola al confine con l’Egitto. Rafah giace su una superficie di appena 64 chilometri quadrati dove prima del 7 ottobre vivevano circa 300 mila persone. Un’area già sovrappopolata, che con l’esplosione del conflitto tra Israele e Hamas ha visto la propria popolazione quintuplicare a causa dei civili in fuga dal nord di Gaza. Una delle aree più densamente popolate al mondo, finita nelle ultime settimane nel mirino dei raid israeliani. Da giorni il premier israeliano Benjamin Netanyahu dichiara che un’operazione di terra a Rafah «è solo questione di tempo». E quel momento sembra essere imminente. Si tratta dell’ultimo capitolo della storia di una città abitata da più di 3 mila anni. Ai tempi dell’antico Egitto l’area era famosa per essere una fiorente oasi che collegava Gaza con il Sinai. Importante e strategica al punto da essere teatro della battaglia di Raphia (nome latino della città) del 217 A.C.. Nelle cronache dell’epoca si parla di 150 mila soldati e 200 elefanti in una lotta tra l’impero Seleucide e il regno Tolemaico. Nel 635 D.C., dopo anni trascorsi sotto il controllo dell’impero bizantino, a Rafah arriva l’esercito dei Rashidun, i 'compagni' del profeta Maometto che combatterono e convertirono la popolazione all’Islam. Proprio l’Islam plasmerà i secoli successivi della vita di Rafah, che passerà nelle mani delle dinastie musulmane degli Omayyadi e degli Abbasidi e troverà stabilità sotto il dominio ottomano, tornando un punto di ristoro per cammelli, mercanti e pellegrini in viaggio verso la Mecca. La città ha ospitato per secoli una comunità ebraica, mercanti che hanno contribuito a rendere fiorente il commercio, prima di trasferirsi nella vicina Ashkelon, in Israele. La svolta arrivò con la divisione in due della città decisa nel 1906. L’impero ottomano è ormai sull'orlo del collasso e una linea spezza in due Rafah, che finisce per metà sotto l’Egitto colonia britannica, mentre l’altra metà resta alla Palestina ottomana. Le rivolte arabe ispirate da T.E. Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d’Arabia, segnarono la fine del controllo ottomano in Medio Oriente e nel 1917 Rafah finì interamente sotto controllo britannico. La riunificazione della città durò poco più di 30 anni. Nel 1948 infatti segnano la creazione dello stato di di Israele e l’inizio della 'Nakba', ricordata dai palestinesi come la 'catastrofe'. Decine di migliaia di famiglie sono costrette a muovere verso la Striscia di Gaza, quest’ultima passa sotto controllo dell’Egitto e torna a essere divisa dalla linea tracciata nel 1906. Il campo profughi di Rafah nasce nel 1949, (oggi uno dei più densamente popolati al mondo), risultato dell’esodo dei tantissimi palestinesi, costretti ad abbandonare le proprie terre durante la Nakba dell’anno prima. Nel 1967 Israele vince la guerra contro i Paesi arabi e occupa Gaza e il Sinai. La linea che divide la città viene meno per 15 anni, nel 1979 Israele ed Egitto firmano un trattato di pace, nel 1982 gli israeliani abbandonano il Sinai e la città torna a essere divisa dal confine del 1906. Stavolta la linea spacca in due un centro abitato cresciuto a dismisura e alla popolazione spetta decidere se vivere nel lato egiziano o rimanere in una Gaza sotto controllo di Israele. Sempre nel 1982 avviene l’apertura del valico di Rafah, collegamento tra l’Egitto e Gaza, che nel 1994 viene messo sotto il controllo congiunto di Israele e dell’Autorità palestinese. L’intesa tiene per 7 anni e crolla con la seconda intifada del 2001, quando Israele distrugge l’aeroporto Yasser Arafat, situato vicino Rafah, e riprende il pieno controllo del valico. Anche stavolta però la gestione del valico si presenta tanto strategica quanto complicata; nel 2005 il governo israeliano decide di ritirare i propri coloni da Gaza e nel 2007 Hamas prende il controllo della Striscia insieme all’Egitto. Uno sviluppo, l’ultimo di una lunga serie, che ha reso Rafah l’unico passaggio verso Gaza non direttamente controllato da Israele. Tuttavia la fama del valico di Rafah è dovuta in larga parte a quanto avviene sotto terra, nei tunnel da cui per anni sono passati armi e razzi destinati alla resistenza palestinese. Tunnel cui l’Egitto ha dichiarato però guerra negli anni. Il Cairo, attenendosi al trattato siglato nel 1979 con Israele, ha sommerso i tunnel con acqua di mare, li ha riempiti di terra e li ha sbarrati con muri di cemento. Con l’ascesa al potere del presidente egiziano Abdelfettah Al Sisi il governo egiziano ha dato inizio alla distruzione di Rafah. Da allora sono stati rasi al suolo 685 ettari di terreni coltivati, almeno 800 case e 78 mila persone sono ora costrette in una zona cuscinetto tra il Sinai e Rafah. Al Sisi ha annunciato la costruzione di una 'nuova citta». Non è andata meglio alla parte di popolazione di Rafah rimasta a vivere sul lato palestinese. Prima del dramma degli ultimi giorni la città fu messa a ferro e fuoco da una faida tra Hamas e un altro gruppo palestinese nel 2009. Non sono mancati però i bombardamenti israeliani, che nel 2009, nel 2012 e nel 2014 hanno colpito Gaza senza risparmiare Rafah e causato numerose vittime tra i civili. La città è finita sotto le bombe anche nel conflitto in corso, nonostante sia stata dichiarata «safe zone». In base ai dati forniti dalle Nazioni Unite sono attualmente 133 mila circa i palestinesi regolarmente registrati nel campo profughi di Rafah, che copre un’area di appena 1.2 chilometri quadrati. Il numero è però cresciuto esponenzialmente negli ultimi mesi rendendo la zona una delle più densamente popolate al mondo. A Rafah le Nazioni Unite gestiscono 18 scuole e 2 cliniche. Una densità abitativa che rende la popolazione civile estremamente vulnerabile; allo stesso tempo la prospettiva di un’offensiva di terra israeliana spianerebbe la strada a una crisi umanitaria di dimensioni enormi e costringerebbe a una fuga impossibile e disperata più di un milione di persone verso il Sinai.    

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