Le truppe israeliane sono entrate in Libano, coperte da raid aerei. Al momento per un’operazione "limitata" e volta a distruggere le infrastrutture militari di Hezbollah. Ad annunciare ufficialmente il passo avanti dell’Idf che tutti si aspettavano è stato il Dipartimento di Stato Usa dopo che Israele ha informato Washington delle sue intenzioni. Poco dopo i media libanesi, tra cui la tv al Manar vicina al partito di Dio, hanno riferito di colpi di artiglieria vicino ai villaggi frontalieri di Wazzani, Khiyam, Alma el Chaab e Naqura.
'Israele ha colpito un campo profughi palestinesi in Libano'
Israele ha colpito un edificio nel campo di rifugiati palestinesi di Ain El-Hilweh vicino a Sidone, nel sud del Libano. Lo riporta Times of Israel, citando Reuters. Il campo è il più grande di quelli palestinesi nel Paese. Secondo indiscrezioni, Israele stava puntano a Mounir Maqdah, comandante delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di Fatah.
Benyamin Netanyahu ha tenuto una riunione del gabinetto israeliano di sicurezza. Il primo ministro, riferiscono i media israeliani, è stato successivamente in riunione ristretta nel suo ufficio nel quartier generale militare di Kirya, a Tel Aviv. Il portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano ha chiesto, intanto, ai residenti di lasciare le case nella zona controllata da Hezbollah nel sud di Beirut con un messaggio sui social.
L’uccisione di Hassan Nasrallah «è un passo importante, ma non sarà l’ultimo», la prossima mossa nella guerra contro Hezbollah «comincerà presto», aveva avvertito poco prima il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, mentre sul terreno si moltiplicavano i segnali di un’operazione "imminente». In serata l’Idf ha dichiarato «zona militare chiusa» le aree al confine di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi, mentre sull'altro versante della Linea blu i peacekeeper dell’Unifil, tra cui ci sono un migliaio di italiani, sono stati "costretti» a fermare le attività di pattugliamento, come hanno annunciato le Nazioni Unite. L’esercito regolare di Beirut ha lasciato le postazioni vicino al confine sud, ritirandosi per 5 km.
Il governo di Benyamin Netanyahu ha assicurato all’alleato americano che si tratterà di un’azione «più contenuta» di quanto inizialmente previsto (e di quella del 2006), destinata a eliminare la minaccia di Hezbollah che continua a lanciare razzi e missili verso il nord di Israele. A Washington tuttavia l’idea delle truppe di Netanyahu in Libano, seppure per un’operazione limitata, non sembra essere stata accolta di buon grado. «Sono al corrente ma vorrei che si fermassero», aveva detto il presidente Joe Biden appena poche ore prima, rilanciando un appello al cessate il fuoco. Il Pentagono ha deciso l’invio di alcune migliaia di truppe in Medio Oriente, per lo più aerei da caccia, per rafforzare la sicurezza delle forze americane nell’area. Anche la Francia - con il neo ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot in visita a Beirut per incontrare il premier Najib Mikati e gli altri vertici dello Stato - aveva invitato Israele «ad astenersi da qualsiasi incursione terrestre» e a cessare le ostilità, ed «Hezbollah a fare lo stesso», ricordando che la proposta franco-americana lanciata all’Onu per 21 giorni di tregua «è ancora sul tavolo». Ma, aveva avvertito Barrot, "resta poco tempo».
L’operazione terrestre è stata infatti preparata da tempo: stando a fonti israeliane citate dal Wall Street Journal e da Nbc News, le forze speciali dell’Idf hanno già condotto, sia di recente che nei mesi scorsi, azioni lampo in territorio libanese, fino a entrare nei tunnel lungo al confine, con l'obiettivo di raccogliere informazioni sulle posizioni e le capacità di Hezbollah in vista di un attacco di terra.
Orfano di Nasrallah e alle prese con la successione del leader e la delicata organizzazione dei suoi funerali, Hezbollah intanto ha ostentato sicurezza: «Siamo pronti al corpo a corpo con i soldati israeliani se dovessero invadere il Libano», ha avvertito il numero due del partito di Dio, Naim Qassem, assicurando che «Israele non riuscirà a raggiungere i suoi obiettivi». Anche l’Iran ha giurato vendetta: «Il sangue del martire Nasrallah accelererà la caduta del regime di Israele e dei suoi leader», ha minacciato il generale Abdolrahim Mousavi, comandante in capo dell’esercito della Repubblica islamica. Ma il regime degli ayatollah - da mesi messo alla prova da azioni più o meno dirette di Israele senza tuttavia contrattacchi significativi - ha già anticipato che non invierà suoi militari in Libano né a Gaza: «Le nazioni della regione, così come la resistenza in Libano e Palestina, hanno forza e capacità sufficienti per difendersi», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani, smentendo al tempo stesso che Teheran sia il manovratore delle milizie sciite nell’area, dagli Hezbollah in Libano, all’Iraq, allo Yemen con gli Houthi, che dopo i raid aerei di domenica su Hodeida hanno annunciato di voler intensificare i loro attacchi contro Israele.
Netanyahu agli iraniani: "Sarete liberi"
E’ proprio ai civili iraniani che Netanyahu si è rivolto in un inconsueto video messaggio «al nobile popolo persiano», promettendo loro che il Paese sarà «libero prima di quanto la gente pensi» e che quel giorno «i nostri due popoli antichi, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace». «In ogni momento, il regime vi avvicina all’abisso», ha aggiunto il premier israeliano assicurando ancora una volta che "non esiste un luogo in Medio Oriente che Israele non può raggiungere».
I jet dell’Idf continuano intanto a martellare il Paese dei Cedri, non più solo nel sud del Libano o nella periferia di Beirut roccaforte dei miliziani sciiti: nella notte tra domenica e lunedì un raid ha colpito per la prima volta dall’8 ottobre il centro della capitale, distruggendo due piani di un edificio nel quartiere di Kola e uccidendo - ha rivendicato l’esercito - il leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Nadal Abdel-Alel, insieme ad altri due dirigenti della formazione. In un attacco nel sud è invece stato ucciso il leader di Hamas in Libano, Fateh Sherif Abu el-Amin.
Usa: le operazioni di Israele sono in linea con il suo diritto alla difesa
Le operazioni "limitate per distruggere l'infrastruttura di Hezbollah che potrebbe essere utilizzata per minacciare i cittadini israeliani" sono "in linea con il diritto di Israele di difendere i propri cittadini e di riportare i civili nelle loro case in sicurezza". Lo afferma un portavoce del consiglio alla Sicurezza nazionale americano, citato dai media Usa. "Sappiamo che l'espansione della missione può essere un rischio e continueremo a discuterne con gli israeliani. E in definitiva, una risoluzione diplomatica è l'unico modo per raggiungere stabilità e sicurezza durature lungo il confine tra Israele e Libano", ha aggiunto.
Militari Unifil Italia in allarme 2, restano nella base
I militari italiani della missione Onu di Unifil in Libano sono in 'allarme 2', ovvero vengono limitati al minimo gli spostamenti all’esterno della base. A quanto si apprende, i soldati sono in allerta all’interno della base ma non sarebbe stato al momento necessaria l’entrata nei bunker. La procedura è avvenuta su disposizione della autorità militari del Comando di Unifil.
Tajani, "combattimenti in corso, italiani via dal Libano"
«La situazione è estremamente complicata, ci sono combattimenti in corso, per la massima garanzia è bene che i cittadini italiani se ne vadano dal Libano». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tg2 Post. Il vicepremier ha citato in particolare le zone nel sud del Paese e la capitale Beirut. Il vicepremier Antonio Tajani ha partecipato oggi in videoconferenza a un incontro straordinario dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea incentrato sugli ultimi sviluppi in Medio Oriente. Lo riferisce una nota della Farnesina secondo cui per quanto riguarda la presenza di cittadini italiani ed europei in Libano, il ministro ha informato i colleghi del fatto che molti italiani hanno già lasciato il Paese ma che il governo è pronto ad eventuale assistenza in caso di evacuazione d’urgenza, e ha suggerito di coordinare gli sforzi a livello Ue per la protezione di tutti i cittadini dell’Unione che potessero trovarsi in difficoltà.
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