La voce di Gisèle Pelicot era rivolta ai giudici che la interrogavano in aula. Ma colei che per anni è stata drogata dal marito che la faceva stuprare da estranei, 50 dei quali imputati nel processo, si rivolgeva soprattutto a tutte le donne: «Io sono una donna completamente distrutta - ha detto la protagonista del caso che ha scosso la Francia - ma lotterò per cambiare questa società». Ha voluto parlare, ha voluto che il processo per 'gli stupri di Mazan', un paese del sud della Francia, non si svolgesse a porte chiuse. E questo nonostante i temi e le immagini scabrose di questa vicenda, per non contare le accuse che ha dovuto subire dagli avvocati della difesa, molti dei quali hanno insinuato che lei non fosse stordita come affermava, ma fosse ben cosciente e addirittura «provocasse» gli uomini convocati dal marito, che filmava le violenze.
Il coraggio di parlare per le altre donne
Ha voluto parlare ed ha voluto che tutti potessero ascoltare e vedere le immagini di questo processo affinché «tutte le donne vittime di stupro possano dire a se stesse 'Madame Pelicot lo ha fatto, anche noi possiamo farlo'. Non voglio più - ha esclamato - che provino vergogna. La vergogna non dobbiamo provarla noi, sono loro che devono provarla. Esprimo qui soprattutto la mia volontà e la mia determinazione a cambiare questa società».
Gisèle Pelicot come simbolo del movimento femminista
A 71 anni, Gisèle Pelicot è diventata un simbolo delle femministe, il suo caso è un caso di #metoo moltiplicato all’ennesima potenza. I racconti, i video, le immagini, le ammissioni di quanto avvenuto per anni nella sua casa, quando lei era stordita dalle droghe che le propinava il coniuge, hanno segnato un punto che molti non credevano possibile: «Voglio - ha detto oggi con voce chiara - che il mio esempio serva alle altre». Il processo, nel quale il marito e i 50 imputati rischiano 30 anni di carcere, è giunto a metà del suo lungo percorso, cominciato il 2 settembre e previsto fino al 20 dicembre. La vittima è stata quindi invitata a «dare le sue impressioni» dal presidente del tribunale, Roger Arata.
Il dolore e il tradimento di una vita distrutta
«Non so come mi ricostruirò - ha ammesso Gisèle - come mi rialzerò dopo tutto questo. Per fortuna, sono aiutata da uno psichiatra, ma mi serviranno ancora tanti anni. Presto ne avrò 72, e non so se la vita mi basterà per rialzarmi». La tensione è aumentata ulteriormente quando la donna si è rivolta al marito, sul banco degli accusati. Non lo ha mai guardato, gli ha soltanto chiesto, con forza: «Come hai potuto?». Per 10 anni, droghe e ansiolitici, stupri da parte di sconosciuti da lui reclutati su Internet. «Cerco di capire come ha fatto mio marito, l’uomo perfetto, ad arrivare a una cosa così... questo tradimento è incommensurabile. Cinquant'anni insieme - ha detto rivolta al pubblico - pensavo di finire i miei giorni con questo tipo... Tu hai toccato il fondo dell’animo umano, purtroppo sei stato tu a scegliere».
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