Il timore del Papa per la Siria e la "guerra riaccesa". "Bene il cessate il fuoco in Libano, ora anche a Gaza"
La Siria si aggiunge all’elenco delle preoccupazioni e dei dolori del Papa. La guerra, che portò Francesco a proclamare nel 2013, pochi mesi dopo la sua elezione, una giornata di digiuno e preghiera, forse tra le prime del pontificato, torna come un incubo dal passato. "Preghiamo per la Siria dove purtroppo la guerra si è riaccesa causando molte vittime. Sono molto vicino alla Chiesa in Siria, preghiamo", ha chiesto il Papa all’Angelus, nel corso del quale ha ribadito che «la guerra è un orrore, la guerra offende Dio e l'umanità, la guerra non risparmia nessuno, la guerra è sempre una sconfitta, una sconfitta per l’umanità intera». Nelle parole del Papa scorrono le immagini dei conflitti che in questo momento stanno insanguinando il mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente. Ma «uno spiraglio di pace» c'è ed è la tregua siglata tra Israele e Libano. «Mi rallegro per il cessate il fuoco che è stato raggiunto nei giorni scorsi in Libano e auspico che esso possa essere rispettato da tutte le parti, permettendo così alle popolazioni interessate al conflitto, sia libanese sia israeliana, di tornare presto e in sicurezza a casa, anche con l’aiuto prezioso - sottolinea Papa Francesco - dell’esercito libanese e delle forze di pace delle Nazioni Unite». Uno spiraglio che può spingere le parti e la comunità internazionale ad andare oltre. «La mia speranza - dice esplicitamente il Pontefice, alla fine della preghiera mariana a Piazza San Pietro - è che lo spiraglio di pace che si è aperto possa portare al cessate il fuoco su tutti gli altri fronti, soprattutto a Gaza». «Ho molto a cuore la liberazione degli israeliani che ancora sono tenuti in ostaggio», assicura Francesco che in questi mesi non ha sempre avuto un rapporto sereno con il mondo ebraico. Ma il Papa contestualmente dice quanto sia fondamentale «l'accesso degli aiuti umanitari alla popolazione palestinese stremata». Restando al Medio Oriente, il Papa invita il Libano ad alzare la testa, ad eleggere il Presidente della Repubblica e ad attuare le riforme necessarie al Paese per uscire da una crisi che dura da troppi anni. Lo sguardo del Pontefice poi torna alla «martoriata Ucraina» con l’inverno, freddissimo in quella parte d’Europa, ormai alle porte. «Saranno mesi difficilissimi», commenta il Papa, perché "la concomitanza di guerra e freddo è tragica». «Mentre ci prepariamo al Natale e mentre attendiamo la nascita del Re della Pace si dia a queste popolazioni una speranza concreta». Il Papa ha quindi ribadito che «la ricerca della pace è una responsabilità non di pochi ma di tutti. Se prevalgono l'assuefazione e l’indifferenza agli orrori della guerra tutta la famiglia umana è sconfitta». «Non stanchiamoci di pregare per quella popolazione così duramente provata ed imploriamo a Dio il dono della pace», ha concluso. La storia mostra che una via diversa è possibile. Per questo il Papa ha ricordato i 40 anni del Trattato di pace e amicizia tra Argentina e Cile, firmato anche grazie alla mediazione della Santa Sede. «Quando si rinuncia all’uso delle armi e si fa il dialogo, si fa un buon cammino», ha concluso Papa Francesco.