Giovedì 12 Dicembre 2024

L'Iran pronto a valutare l'invio di truppe in Siria. I jet Usa bombardano le postazioni filo-Teheran sull'Eufrate

Il riaccendersi della guerra in Siria attira nel suo gorgo tutte le potenze regionali e globali: dagli Stati Uniti, la cui aviazione è intervenuta oggi sull'Eufrate contro forze filo-iraniane, ai russi che hanno coinvolto le loro basi sul Mediterraneo per mostrare i muscoli con esercitazioni navali, fino agli iraniani che minacciano di inviare truppe nel paese. Intanto gli sfollati, secondo l’Onu, sono almeno 50mila in pochi giorni. E sul terreno, attorno alla centrale città di Hama, sono proseguiti intensi gli scontri tra governativi, sostenuti da Iran e Russia, e jihadisti appoggiati dalla Turchia.

Le tensioni tra Russia, Turchia e Iran

In questo contesto, Russia, Iran e Turchia, le tre potenze coinvolte direttamente in questo nuovo ciclo di violenze armate, hanno cominciato a negoziare. Come prima dichiarazione pubblica dall’inizio dell’offensiva filo-turca su Aleppo, il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto al suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan di «fermare l’aggressione terroristica contro lo Stato siriano da parte di gruppi radicali». Dal canto suo, Erdogan ha affermato che il governo siriano di Bashar Al Assad deve impegnarsi in un «genuino processo politico per impedire che la situazione peggiori».

Le condizioni turche e il ruolo del processo di Astana

Il presidente turco ha di fatto intimato ad Assad di accettare le condizioni imposte da mesi da Ankara per una normalizzazione dei rapporti con Damasco. Il governo siriano chiede il ritiro delle truppe turche dal nord-ovest e dal nord-est, ma Erdogan anche oggi ha giustificato la presenza militare turca in Siria in funzione anti-curda. A conferma della volontà delle parti di negoziare una via d’uscita politica, Putin ed Erdogan si sono detti d’accordo nel rafforzare il coordinamento sia bilaterale sia multilaterale, rivitalizzando il processo di Astana, che include anche l’Iran e che di fatto serve da otto anni per regolare la spartizione di influenze tra Mosca, Teheran e Ankara in Siria.

Le azioni sul terreno: Hama, Aleppo e l'intervento iraniano

L’Iran, che appare l’attore più danneggiato dalla dinamica militare in corso su Aleppo, lungo l'Eufrate e su Hama, ha invece avvertito di esser pronto a inviare truppe in Siria, oltre alla miriade di fazioni filo-iraniane irachene, libanesi e afghane da anni mobilitate dalla Repubblica islamica nel martoriato paese mediterraneo. Proprio alcuni rinforzi di forze filo-Teheran sono giunti al fronte sud-orientale di Hama e hanno sostenuto i governativi nel riprendere il controllo di alcune località a nord della città di Salamiye.

Jihadisti, curdi e civili nelle aree di conflitto

I jihadisti di Hayat Tahrir ash-Sham (Hts), appoggiati dalla Turchia, hanno consolidato le posizioni lungo la valle dell’Oronte e alla periferia nord di Hama, bombardando l'aeroporto militare della città, dove sono presenti jet ed elicotteri russi. Nel quadrante di Aleppo, l’altro braccio dell’avanzata filo-turca ha spinto altre migliaia tra combattenti e civili curdi a fuggire verso Tabqa e Raqqa, oltre l’Eufrate. A nord di Aleppo le autorità militari jihadiste hanno affermato di aver avviato i preparativi per rimpatriare un numero imprecisato di profughi, sfollati da anni in Turchia e che erano dovuti fuggire nel 2016 in seguito alle offensive russe, governative, iraniane e curde nel nord della Siria. In città rimangono sotto assedio, nei quartieri settentrionali di Shaykh Maqsud e Ashrafiye, circa 100mila tra civili e miliziani dell’ala locale del Pkk. L’Osservatorio siriano per i diritti umani riferisce dell’uccisione da parte dei miliziani filo-turchi di 11 civili curdi ad Aleppo.

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