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Nello Mastroeni, da “Mokarta” con i Kunsertu all’intreccio fantastico di due vocazioni

Se vedete un uomo col casco in sella a un motorino fermo ai bordi della strada che canticchia dentro al suo cellulare, ricordatevelo quando ascolterete un nuovo brano di Maurizio “Nello” Mastroeni. Quasi certamente quella bellissima e cullante melodia che catturerà presto le vostre orecchie è nata così, da un’intuizione e da un’idea registrata a volo mentre Nello si recava a scuola o tornava a casa.

Chi sia Nello Mastroeni, 61 anni ad agosto, è quasi superfluo dirlo, perché a dispetto della sua naturale ritrosia e modestia, è tra i musicisti più conosciuti e prolifici di Messina e di tutta la Sicilia. Basti dire che è l’autore di Mokarta, quel capolavoro assoluto e cavallo di battaglia dei mitici Kunsertu, tra i gruppi più importanti della scena musicale italiana di sempre.

E se il Nello musicista è abbastanza conosciuto attraverso le sue bellissime canzoni e i suoi vari progetti musicali poco sappiamo della sua vita di tutti i giorni divisa com’è tra la scuola e il suo piccolo studio di registrazione. Mastroeni, infatti, nella sua vita parallela insegna Scienze motorie all’Istituto tecnico commerciale “Jaci” e lo fa con grande dedizione e impegno.

Ci racconti la sua vita da insegnante.

«Lo sport ha fatto sempre parte della mia vita, quindi quando ho dovuto decidere cosa fare nella vita la scelta dell’Isef è venuta naturale. La mia esperienza di docente, però, non si è fermata solo all’insegnamento di Scienze motorie, ma ne ho, per così dire, approfittato per far emergere in tanti ragazzi la loro propensione per la musica. In questi anni, per esempio, ho partecipato a diversi progetti, tra cui anche musicali, per contrastare la dispersione scolastica. Ebbene, è accaduto che tanti ragazzi hanno scoperto la loro vocazione musicale e questo mi commuove e mi rende felice».

La musica, una passione assoluta.

«Sì, da sempre, ma è nel 1977 che ho l’illuminazione e precisamente al concerto della Taberna Mylaensis. Mi piacque così tanto il genere, il recupero della tradizione musicale siciliana, che l’indomani comprai un mandolino e diedi vita al mio primo gruppo. Poi fu la volta dei Kunsertu, in cui con gli anni sono diventato il principale autore delle musiche e di gran parte dei testi. Furono anni incredibili, pieni di successi e soddisfazioni, poi ci fermammo per un lungo periodo per poi tornare nel 2016. Ma io non mi fermai e nacquero i progetti Zongaje, Nemas (con il quale partecipò niente di meno che al Womad di Peter Gabriel a Taormina, ndr) e ora Kaumas e adesso si sta concretizzando la possibilità di poter collaborare con mia figlia Manuela, in arte Manua, che ama cantare e scrivere canzoni. “Vision”, il mio ultimo album, è frutto di questa intesa».

Ci fu un momento in cui pensò, sperò, auspicò che suonare diventasse il suo unico lavoro?

«Sarei ipocrita se dicessi di no, ma qualcosa dentro di me mi diceva di non abbandonare completamente l’insegnamento, ma è evidente che per un lungo momento misi al primo posto la musica».

Lei non si ferma mai, guarda sempre oltre, alla continua ricerca della musica che non ha ancora scritto e suonato.

«Sì, è vero, non mi fermo mai, sono in perenne ascolto soprattutto di me stesso. Infatti, le mie fruttuose esperienze in Etiopia, Turchia e India nascono da questa mia esigenza di conoscere le più disparate culture musicali e fonderle con la tradizione siciliana, ma anche con la musica pop. Ad esempio, “Vision”, rispetto agli altri album è più introspettivo e personale, in esso convogliano più anime e tutte le precedenti esperienze. È frutto di un mix sonoro di influenze etniche , ambient music, chill out, lounge e suoni elettronici».

Ci parli dei suoi viaggi.

«A metà anni ‘90 chiesi al ministero degli Esteri di insegnare in Africa, mi inviarono ad Addis Abeba, sono stati quattro anni bellissimi sul piano umano e musicale. Conobbi tanti musicisti africani. Da questa esperienza venne fuori “Zongaje”. Mentre mi trovavo in Etiopia venni chiamato per fare le musiche di un film e andai in India, altro tassello fondamentale della mia attuale visione della musica. Dopo l’Africa fu la volta della Turchia, dove insegnavo e suonavo. Intanto nasceva mia figlia Manuela. In Turchia ho lasciato il cuore, un paese magnifico, pieno di contraddizioni e di persone e musicisti straordinari. Creai il progetto Nemas e incisi “Snow in Istanbul”. Quei suoni e quegli echi me li porterò per sempre nel cuore».

E siamo ai giorni nostri.

«Sì, una vita la mia intrecciata tra insegnamento e musica che mi piace tantissimo. Non immagina neanche quanti brani ho già in cantiere e quanti altri aspettano solo di essere tradotti in note e suonati, ma anche cantati da mia figlia Manuela».

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