Domenica 22 Dicembre 2024

Uguaglianza a scuola? "Un errore": ecco perché non tutti vanno trattati allo stesso modo, rispettando la diversità contro le discriminazioni

Uguali? Assolutamente no, non lo siamo. E proprio giornate come quelle appena trascorse (il 29 febbraio, giornata "rara" per eccellenza, e il 1 marzo, contro le discriminazioni) offrono lo spunto per richiamare quanto solennemente ricordato dal presidente emerito della Corte Costituzionale prof. Gaetano Silvestri tenendo la prolusione inaugurale dell’anno accademico dell’Ateneo di Messina, riflettendo su quell’«egualitarismo che Norberto Bobbio riteneva un tradimento della vera eguaglianza, in quanto forzosamente livellatore di situazioni diverse». Fondamentale diventa quindi comprendere che anelare all’uguaglianza non può significare il voler “cancellare” la diversità, in quanto essa è indelebilmente connaturata a ogni essere umano nella sua unicità, come con semplicità e efficacia è stato comunicato al grande pubblico dal palco di Sanremo nell’edizione 2023 da un’icona della “unicità” come Drusilla Foer. Differenze che quindi non vanno cancellate in nome di un bisogno di omologazione (a cosa, poi?), ma valorizzate per consentire quel “pieno sviluppo della persona umana” che, come richiamato ancora da Silvestri, è uno dei passaggi “mirabili” della nostra Costituzione, in cui già oltre 70 anni addietro si colse perfettamente l’urgenza del riaffermare il primato della persona - che l’ordinamento non “crea” ma “riconosce” -  contro ogni discriminazione. Un veleno che invece - nonostante una cotanta premessa di principio  - continua a scorrere, più o meno latentemente, nel tessuto sociale, al punto da rendere necessaria un’altra “Giornata internazionale”: quella appunto contro le discriminazioni, che si tiene il 1 marzo e  fu lanciata per la prima volta nel 2014 da Michel Sidibé, direttore esecutivo di UNAIDS, (il programma delle Nazioni Unite per l'Aids/Hiv) per promuovere una più ampia sensibilizzazione sui temi della discriminazione, che si manifesta in mille modi integrando sempre una intollerabile violazione dei diritti umani a causa di pregiudizi e stereotipi, (in)fondati su etnia, età, disabilità, religione, genere, lingua, cultura, orientamento sessuale o politico, scatenando intolleranza e  violenza e pregiudicando quel “pieno sviluppo della persona umana”, costituzionalmente garantito. Con conseguenze inaccettabili  sull’individuo e la comunità, al punto da richiedere che contro la discriminazione - oltre alla nostra Costituzione -  si esprimano direttamente le fonti sovranazionali, come la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Convenzione europea dei diritti umani (art. 14). Valenti (Unical): uguaglianza a scuola? Un errore! «Karl Marx rese celebre una frase tratta dagli Atti degli Apostoli (cfr. At 4, 35): “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Questo motto, declinato in ambito scolastico sublima il concetto di unicità. Se immaginiamo che l’obiettivo a scuola sia l’uguaglianza, commettiamo un errore», ammonisce la prof.ssa Antonella Valenti, ordinaria di Didattica e Pedagogia speciale all’Unical, delegata del rettore per l'inclusione degli studenti con disabilità/DSA e direttrice del Corso di specializzazione al sostegno didattico. «Uguaglianza - chiarisce - significa fornire a tutti la stessa cosa, ricercare l’equità significa fornire a tutti le stesse opportunità, a ciascuno ciò di cui ha bisogno.  La sfida che si debbono porre i docenti curriculari e specializzati sul sostegno è questa: lavorare per una scuola che sia equa, non che tratti tutti allo stesso modo, nel rispetto dell’unicità della persona. Il tutto senza il bisogno, quindi, di classificare minus e plus, creando una categorizzazione di persone. Il modello italiano è quello che si sposa di più con il modello sociale che mira a creare pari opportunità ed equità, concetto molto diverso da quello di uguaglianza. L’organizzazione della  scuola italiana, e l’ambiente scolastico che da essa deriva,  è soggetta a continui mutamenti, anche molto veloci. Non sono più adeguati i vecchi  modelli educativi e formativi  perché gli studenti, provenienti da realtà culturali e storie personali molto diverse tra loro, necessitano di un approccio nuovo e dinamico, sicuramente “unico”, come è unico ciascuno di loro». «I modelli pedagogici per l’insegnamento speciale - prosegue Valenti - sono in continua evoluzione, oggi a scuola viene applicato il modello biopsicosociale dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). Questo modello, tuttavia, è ancora imperniato sul modello medico poiché in relazione al processo di integrazione degli alunni con disabilità, e/o identificati come aventi bisogni educativi speciali, nella scuola ordinaria. In questo modello, il focus dell’intervento è ancora l’alunno con difficoltà di apprendimento, con problematiche che devono essere risolte attraverso fornitura di strumenti compensativi, misure dispensative e insegnamento speciale. É invece necessario un approccio sistemico che interpreta il concetto di educazione inclusiva come processo di cambiamento del sistema educativo e scolastico ordinario al fine di trasformarlo in una comunità di apprendimento adeguata a tutti; una scuola, quindi, adeguata a sostenere e a rispondere alla differenza insita in ciascun alunno o alunna, alla sua unicità. L’insegnante specializzato se formato a un modello di Progettazione universale per l’apprendimento (Universal Design for Learning-UDL) potrebbe essere il mezzo per completare quel progetto culturale avviato quasi 50 anni fa, promuovendo l’eliminazione della standardizzazione dei curricoli». Costanzo (Unime): l’unicità e l’esigenza di una comunità più giusta «In un tempo in cui ci raccontiamo attraverso le mode e gli stili che passano con il mutare dei gusti, parlare di “diversità” e “unicità” consente, invece, di spostare lo sguardo su ciò che permane e su ciò resta», afferma  Giovanna Costanzo, professoressa associata di Filosofia morale al Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina e componente del Direttivo della Società italiana di Filosofia Morale. «L’unicità - prosegue - è un valore che ci appartiene perché rimanda all’eccezione della nostra nascita: nascendo, infatti, portiamo nel mondo l’originalità della nostra esistenza insieme all’unicità dei nostri sogni, dei nostri desideri e delle nostre aspettative, ognuna delle quali esprime le potenzialità che ci appartengono, sia quelle a cui diamo espressione crescendo e vivendo, sia a quelle che lasciamo inespresse e inascoltate. Ogni nuovo nato, come dice Hannah Arendt, porta la sua prospettiva particolare nella storia, che è sempre altra e sempre diversa da chi lo ha preceduto e chi lo seguirà nella catena generazionale». «In questo senso - prosegue Costanzo - è possibile dire che ognuno è unico e diverso ed è grazie ad ognuno che questi valori vivono e si esprimono, disegnando una pluralità di visioni che arricchiscono il contesto in cui viviamo. Senza i valori della unicità e della diversità non si potrebbe, inoltre, generare l’esigenza di uguaglianza dentro ogni gesto quotidiano. Comprendere il nostro valore ispira l’esigenza di una maggiore uguaglianza da portare fra uomini e donne, fra persone con o senza disabilità , fra migranti e stanziali, attraverso cui opporre ogni rifiuto a distinzioni fra gli esseri umani sulla base di discriminazioni di ogni tipo che si palesano in parole piene di odio, di risentimento, di disprezzo. È l’istanza di uguaglianza che promuove uguali opportunità per tutti e per ciascuno: nella richiesta di una istruzione valida per tutti, specie per i più fragili e vulnerabili, del diritto alle cure e alla salute, al lavoro, ad una vita dignitosa da esigere per ogni cittadino, anche per coloro che non possono farlo, e di essi bisogna farsi carico. Nell’elogio dell’unicità si cela l’aspirazione a una comunità più giusta, perché a misura di ogni persona».

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