Rispetto, speranza, responsabilità. E azione: non attendiamo che le cose cambino, ma impegniamoci a farlo dotandoci degli strumenti necessari, come studio e partecipazione democratica.
Poco più di 1900 parole in poco più di 16 minuti e - come ogni anno - tanti, tantissimi richiami alle giovani generazioni: il decimo discorso di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci ha accompagnato in una circostanza che ciascuno vive a suo modo, a ogni età, ma mai senza bilanci e auspici, in un delicato momento di passaggio, individuale e collettivo. Ed è proprio quest’ultimo tratto quello che il Capo dello Stato ha immediatamente voluto enfatizzare, con un chiaro messaggio, esplicito e ripreso poi anche in diversi altri punti, rivolto alla riscoperta delle relazioni, di una umanità che appare sempre più sfumata e che va invece ritrovata, in tutta la sua fragilità, verità e bellezza. E assoluta necessità.
Rinsaldare i rapporti contro il deserto di relazioni
In un testo in cui ogni parola è stata attentamente soppesata, merita grande attenzione anche l’autorevole scelta linguistica “di campo” in un incipit di preziosa eleganza, e profondo significato sociale: “Care concittadine, cari concittadini...”. Quindi, il Capo dello Stato, tratteggia il presente, le «ore in cui cerchiamo la serenità rinsaldando i nostri rapporti. Nelle nostre comunità, nelle famiglie, nelle amicizie. Facciamo i nostri auguri e ne riceviamo. Non è soltanto un rito, è la dimostrazione della nostra natura più autentica, quella che ci chiama alla relazione con gli altri.... Vi è bisogno di riorientare la convivenza, il modo di vivere insieme... È questa medesima trama che ci consentirà di evitare quelle divaricazioni che lacerano le nostre società producendo un deserto di relazioni, un mondo abitato da tante solitudini. Siamo tutti chiamati ad agire, rifuggendo da egoismo, rassegnazione o indifferenza».
Il rispetto per una società umana e solidale
Un atteggiamento, quello di apertura alle altre persone, su cui necessariamente deve fondarsi quella pace che «la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunziabile», e su cui si coltiva il rispetto, scelto non a caso - come Mattarella ha voluto eloquentemente ricordare - quale parola dell’anno dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. «Il rispetto verso gli altri - ha osservato il presidente - rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà».
L'allarme sulle dipendenze e lo "sballo"
Potente il richiamo all’angoscia per Cecilia Sala, reporter ventinovenne imprigionata in Iran e liberata proprio ieri, e al valore della libertà di stampa, e numerosi come ogni anno i passaggi riferiti ai più giovani, parlando “di”, ma anche e soprattutto “con” essi, che del tessuto sociale non sono una parte accessoria, o in divenire, ma totalmente in essere, nell’accezione positiva, ma purtroppo anche tragicamente negativa, come ci raccontano ogni giorno le cronache. «Un’attenzione particolare richiede il fenomeno della violenza. - ammonisce infatti Mattarella - Tocca tutto il mondo ma diviene ancor più allarmante quando coinvolge i nostri ragazzi. Bullismo, risse, uso di armi. Preoccupante il diffondersi del consumo di alcool e di droghe, vecchie e nuove, anche tra i giovanissimi. Comportamenti purtroppo alimentati dal web che propone sovente modelli ispirati alla prepotenza, al successo facile, allo sballo».
Il "rumore" e la generosità di ragazze e ragazzi
Nell’universo giovanile albergano però non solo preoccupazioni e devianze, ma anche solide speranze e positivi modelli, che, ad esempio, «si trovano nel rumore delle ragazze e dei ragazzi che non intendono tacere di fronte allo scandalo dei femminicidi» ha ribadito il presidente, rimarcando l’ignominia dei crimini di genere con la citazione in contraltare di tutto ciò che vorremmo invece vedere delle donne. «I giovani - prosegue Mattarella - sono la grande risorsa del nostro Paese. Possiamo contare sul loro entusiasmo, sulla loro forza creativa, sulla generosità che manifestano spesso. Abbiamo il dovere di ascoltare il loro disagio, di dare risposte concrete alle loro esigenze, alle loro aspirazioni. La precarietà e l’incertezza che avvertono le giovani generazioni vanno affrontate con grande impegno anche perché vi risiede una causa rilevante della crisi delle nascite che stiamo vivendo». Un altro fronte di allarme è la “fuga” dei cervelli: mentre infatti cresce l’attrattività culturale dell’Italia, «con questo aspetto confortante stride il fenomeno dei giovani che vanno a lavorare all’estero perché non trovano alternative, spesso dopo essersi laureati».
Il patriottismo di chi insegna e di chi impara
Un’altra emozionante citazione del mondo di cui i giovani sono protagonisti, quello dell’Istruzione, è poi richiamata in uno dei passaggi che più hanno acceso il dibattito: quello sul patriottismo. Che non è il substrato di sovranismi o confini blindati, ma - anche - «quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani» e «di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto», oltre ad essere quello di tante altre categorie (forze dell’ordine, volontari...) e anche di chi «con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità».
La Liberazione da ciò che ostacola la democrazia
Quindi la conclusione con una ricorrenza che richiama valori mai così necessari eppure lontani - anche e soprattutto per i nostri giovani, sempre più anestetizzati da apatia e disillusione - che il Capo dello Stato invece mirabilmente avvicina, regalando la scintilla della consapevolezza e della possibilità: «Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione. È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia. Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica. Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte».
L’augurio più bello: grazie, presidente!
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