
Il 27 gennaio del 1945 fu rivelato al mondo l’orrore del lager nazista di Auschwitz-Birkenau. L’ottantesimo anniversario sarà commemorato lunedì prossimo in un’edizione particolarmente solenne della Giornata della Memoria, con la presenza nel memoriale polacco di capi di Stato da tutto il mondo, tra cui anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che poi, il giorno successivo, presenzierà all'evento in programma al Quirinale, con studentesse e studenti delle scuole italiane che hanno partecipato al concorso "I giovani ricordano la Shoah".
La memoria di una delle pagine più oscure della storia dell’umanità mai come oggi invita alla riflessione su quanto del passato sia ancora presente, e capace di avvelenare il futuro. Ne parliamo in una chiave particolarmente contemporanea, quella della tecnologia, con Ruben Razzante, professore di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e alla Lumsa di Roma e consulente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza del Senato, presieduta dalla senatrice a vita Liliana Segre.
E proprio quest'ultima, oggi 94 enne, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, e divenuta con la sua testimonianza una vera e propria sentinella della Memoria contro l'indifferenza, è uno dei bersagli di un accanimento difficile da comprendere, sostanziato in contenuti digitali traboccanti di offese e minacce, al punto da avere reso necessaria la sua protezione personale attraverso la scorta. Un'intensificazione registrata proprio negli ultimi giorni, con una valanga di commenti pesanti seguiti al lancio del docufilm "Liliana", che ne narra l'esistenza, la deportazione e l'impegno nel raccontare l'orrore subito. Un numero di commenti che lo stesso figlio della senatrice, Luciano Belli Paci, ha definito "esorbitante in tutta Italia".
L'Ia può amplificare i pregiudizi, oppure combatterli
Dall'odio on line alle violenze on life, il passo è purtroppo sempre molto breve e preoccupano soprattutto le derive legate ad un progresso tecnologico slegato da una cornice etica, che ne contenga gli effetti potenzialmente devastanti sul piano della tutela delle libertà e dei diritti civili. Un allarme che diventa sempre più concreto anche alla luce degli ultimi sviluppi che arrivano dagli USA, e in particolare dalle big tech che governano il web e soprattutto i social, da un lato sull'allentamento della sorveglianza nei contenuti digitali, dall'altro sugli annunci di disimpegno verso la promozione delle tematiche DEI, Diversità Equità e Inclusione.
In Italia, su questo fronte, uno dei presidi istituzionali più significativi è per l'appunto costituito dalla Commissione Segre, della quale il prof. Razzante è consulente. «Anche attraverso le audizioni e il lavoro di noi consulenti - spiega il docente - la Commissione ha approfondito il tema del rapporto tra uomo e tecnologia e ha formulato alcune proposte riguardanti l’Intelligenza artificiale e il ruolo che gli algoritmi possono avere nel potenziamento delle azioni di contrasto alle discriminazioni. In particolare abbiamo sottolineato l’esigenza di prevedere obblighi precisi per i produttori di soluzioni di AI nell’addestramento degli algoritmi in funzione dell’affermazione del principio di uguaglianza. Se gli algoritmi vengono addestrati in modo squilibrato, cioè amplificando i pregiudizi esistenti, il prodotto finale dell’AI sarà discriminatorio».
Si avvicina la Giornata della Memoria, una ricorrenza che ci induce a riflettere su quanto ancora disuguaglianze e discriminazioni siano presenti e anzi sempre più accentuate proprio a causa della tecnologia, con le nuove frontiere dell'Ia. E spesso il terreno di coltura sono i social e gli ambienti giovani.
«La Giornata della Memoria è un'occasione fondamentale per riflettere non solo sulla tragedia dell'Olocausto, ma anche sull'importanza di contrastare ogni forma di disuguaglianza e discriminazione che ancora oggi permea le nostre società. Il rischio che gli algoritmi riflettano o addirittura amplifichino pregiudizi esistenti è reale, con il pericolo di creare discriminazioni basate su genere, etnia, orientamento sessuale o altre caratteristiche personali. In ambienti come i social media, questi bias algoritmici possono radicarsi ulteriormente, alimentando stereotipi e disuguaglianze tra i giovani, che sono sempre più esposti a contenuti generati automaticamente.
Tuttavia gli algoritmi, se progettati in modo etico e addestrati su dati neutrali, possono svolgere un ruolo cruciale nel rilevare e prevenire pratiche discriminatorie, migliorare l'accessibilità e garantire una giustizia più solida e affidabile. Ad esempio, le tecnologie di AI possono essere utilizzate per monitorare e analizzare il linguaggio online, identificando incitamenti all'odio e agendo tempestivamente per contrastarli. È fondamentale che gli sviluppatori e gli utenti siano consapevoli dei rischi legati ai bias algoritmici e adottino misure per garantire che le soluzioni tecnologiche siano inclusive, giuste e al servizio dell'umanità. In questo modo, l'AI e le altre tecnologie possono diventare alleate nella lotta contro le disuguaglianze e nel promuovere una società più equa e solidale».
Di recente è stata annunciata sulle piattaforme Meta la sospensione della moderazione e del fact-checking. Da cosa nasce questa decisione secondo lei e che differenza c'è fra Usa e Europa sotto questo aspetto? A suo giudizio si tratta di una decisione che tutela le libertà individuali oppure le mette a rischio?
«La decisione di Meta di sospendere la moderazione e il fact-checking sulle proprie piattaforme negli Stati Uniti sembra derivare dalla volontà di ridurre la percezione di censura e di rispondere a pressioni politiche. Il videomessaggio di Zuckerberg suggerisce una critica diretta alle normative dell'UE, considerate da lui un ostacolo alla libertà di espressione. In Europa, infatti, esistono regolamenti più severi, come il Digital Services Act (DSA), che obbligano le piattaforme a contrastare attivamente la disinformazione online.
La differenza principale tra gli Stati Uniti e l'Europa in questo ambito riguarda l'approccio alla regolamentazione delle piattaforme digitali: negli USA , la libertà di espressione è un principio costituzionale che tende a limitare l'intervento del governo sulle pratiche delle aziende private. In Europa, invece, si tende a bilanciare la libertà di espressione con la protezione contro la disinformazione, ponendo maggiore enfasi sulla responsabilità delle piattaforme. La decisione di Meta potrebbe sembrare un passo verso una maggiore libertà di espressione, ma in realtà essa espone gli utenti a rischi maggiori. Senza un adeguato controllo sui contenuti, aumenterebbe la possibilità di diffusione di fake news, che influenzano negativamente la qualità dell'informazione e la formazione delle opinioni pubbliche. Quindi, se da un lato si può parlare di una "liberazione" dalla censura, dall'altro lato si rischia un indebolimento della protezione contro le informazioni false e dannose, con potenziali conseguenze negative per la democrazia e per la sicurezza informativa.
In sintesi, la decisione di sospendere il fact-checking negli Stati Uniti si adatta a un contesto normativo meno rigoroso, ma potrebbe non essere sostenibile a livello globale, soprattutto in Europa, dove esistono leggi più stringenti per contrastare la disinformazione. La libertà di espressione, se non bilanciata con la responsabilità, potrebbe quindi mettere a rischio la qualità e l'affidabilità delle informazioni online».
Cosa possiamo dire ai nostri giovani, ma non solo, per metterli in guardia nella navigazione web contro falsità e manipolazioni?
«Raccomanderei loro alcune cautele. Anzitutto sviluppare un pensiero critico nei confronti delle informazioni che trovano online. È fondamentale che imparino a distinguere tra fonti affidabili e quelle potenzialmente ingannevoli o manipolative. Gli utenti devono sapere come verificare la veridicità delle informazioni che trovano su internet. Ciò include la ricerca di fonti diverse, l'uso di strumenti di verifica online e la valutazione della qualità della fonte. È anche importante sottolineare l'importanza della responsabilità nelle proprie azioni online. Le persone devono comprendere che le parole e le azioni sul web hanno un impatto reale sulla vita di altre persone. Promuovere comportamenti rispettosi e un utilizzo consapevole dei social media è fondamentale per prevenire fenomeni come il cyberbullismo, le manipolazioni e la diffusione di contenuti dannosi. L'educazione digitale deve anche includere la sensibilizzazione riguardo ai diritti fondamentali online, come la protezione della privacy, la libertà di espressione e il diritto all'informazione. Il web deve essere uno spazio che rispetta la dignità e i diritti delle persone, un ambiente in cui la tecnologia è al servizio del bene comune e non della manipolazione. L’educazione digitale dovrebbe fornire gli strumenti necessari per navigare in modo sicuro e consapevole, aiutando i giovani a sviluppare una comprensione equilibrata e critica delle informazioni online e promuovendo un ambiente digitale che rispetti i diritti, l'etica e la dignità di tutti».
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