Venerdì 20 Dicembre 2024

L'Ue boccia la manovra e chiede nuova bozza entro 3 settimane. Mattarella: no al disordine dei conti

Moscovici e Dombrovskis

Un Paese che ha prima ricevuto una flessibilità senza precedenti, ha poi varato una manovra che contiene uno sforamento senza precedenti e costringe ora la Commissione Ue a fare una mossa senza precedenti: bocciare il testo approvato dal Governo e chiederne uno nuovo, entro tre settimane. Nel frattempo, la questione italiana resta al centro del palcoscenico e sarà discussa anche dai ministri dell’economia della zona euro nella riunione del 5 novembre. Ma anche dall’Italia arriva un monito. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella avverte le forze politiche: bisogna scongiurare che il disordine della pubblica finanza produca contraccolpi pesanti anzitutto per le fasce più deboli. «Nessuno può sottrarsi all’equilibrio dei conti», spiega. La bocciatura era attesa e non sorprende il governo, che si prepara ora al confronto con dichiarazioni che da una parte danno un colpo al cerchio, dall’altra alla botte. La «manovra non è stata improvvisata - afferma il premier Giuseppe Conte - Dire oggi che la rivediamo non avrebbe senso». Il premier apre ad un maggiore possibile ricorso ai tagli di spesa ma certo si dice convinto di seguire «la strada giusta: il rapporto deficit/pil al 2,4% non si tocca». I più duri sono i due vice premier. Matteo Salvini è convinto che la Ue attacchi «non il Governo ma un popolo» e Luigi Di Maio minimizza: «non arrivano le cavallette», dice e spiega di non meravigliarsi della decisione Ue, perché «è la prima manovra italiana che viene scritta a Roma e non a Bruxelles!». In ogni caso i mercati non sanno a guardare: lo spread, in altalena, si ferma a un passo dai 320 punti base e la Borsa di Milano chiude in calo (-0,86%). «E' con molto dispiacere che sono qui oggi, per la prima volta la Commissione è costretta a richiedere ad uno Stato di rivedere il suo Documento programmatico di bilancio. Ma non vediamo alternative», ammette con sconforto il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, prima di illustrare le ragioni che hanno portato il collegio dei commissari alla scelta. Una su tutte, l’enorme debito da 37mila euro ad abitante che brucia risorse per rifinanziarsi, sottraendole ai cittadini. L'anno scorso, avverte la Ue, l’Italia ha speso per gli interessi 65,5 miliardi, pari al 3,8% del Pil, praticamente tanto quanto per l’istruzione. E’ la spesa più alta d’Europa, che pesa sugli standard di vita dei giovani, su chi vuole comprare casa e ha bisogno di un mutuo, sulle aziende che devono finanziarsi e creare nuovo lavoro, spiegano i tecnici. Tra l’altro, ricorda la Ue, già per quest’anno la manovra prevede un deficit più elevato (1,8%) di quello stimato nel programma di stabilità ad aprile scorso (1,6%): questo a causa di una crescita minore delle attese e della spesa per gli interessi salita a causa dell’aumento degli spread di quest’estate. Per questo Bruxelles non può consentire di aumentare la spesa ma vuole far rispettare la 'regola del debito', che chiede ai Paesi un percorso di riduzione concordato con l’Ue. Con questa manovra, l’Italia sfora quel target di 1,5%, una deviazione considerata «senza precedenti». Se il debito non calerà nel 2019, è anche dovuto alle stime di crescita troppo ottimistiche, spiega la Ue, e alle misure che daranno entrate incerte come la spending review e il condono fiscale. Oltre al fatto che queste, assieme all’abolizione della Fornero che mette a rischio la sostenibilità del debito a lungo termine, faranno fare «retromarcia» alle riforme già attuate in passato e in linea con le raccomandazioni di Bruxelles. La bocciatura della manovra non è che un primo passo di un lungo percorso che potrebbe in ultima analisi portare all’apertura della procedura per debito eccessivo con sanzioni pecuniarie. Ma Bruxelles non vuole parlarne per ora. «Lasciamo una chance al dialogo», dice il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, che continuerà a confrontarsi con il ministro Giovanni Tria, considerato sempre «un interlocutore credibile e legittimo».

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