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Governo, trattativa M5S-Pd alle fasi finali. I Dem: via i vicepremier

«C'è un buon clima» e si può procedere nella navigazione verso un nuovo governo Pd-M5s il cui porto finale dovrebbe vedersi forse già martedì, mercoledì al massimo. Parola di Giuseppe Conte che, prima di pranzo si stacca per 20 minuti dai documenti programmatici, e dal suo tavolo di Palazzo Chigi si videocollega con la festa del Fatto quotidiano alla Versiliana.

E apre la giornata con una mossa a sorpresa che fa capire la direzione che sta prendendo la trattativa: «Non sono del Movimento 5 stelle», sottolinea. Lo dicono dati oggettivi, ricorda il premier incaricato, per cui «definirmi dei 5S mi sembra una formula inappropriata». Ma se l’avvocato arruolato dal Movimento si considera super partes, a chi va la casella per un suo eventuale vice? Al Pd? Al M5s, quindi a Luigi Di Maio? A entrambi o nessuno?

Nel dubbio, irrompe il Pd che a suon di tweet - il primo è di Dario Franceschini (proprio l’esponente Dem che era il più accreditato per quel ruolo) - spariglia il gioco dando una mano al premier: «via entrambi i posti da vicepremier». Una mossa tattica che il Nazareno oggi ha posto come condizione per far progredire l'accordo.

Per Gianluigi Paragone dei 5s e feroce nemico di un’alleanza giallorossa, è un attacco a Di Maio: «Non piace al Pd perché sta difendendo quello che di buono avevamo fatto nel precedente governo. Luigi deve rimanere centrale. Anche a Chigi!», scrive su Facebook. Per il resto poco o nulla esce dal Movimento. A mezzogiorno, è un Conte ottimista e senza cravatta quello che risponde alle domande del Fatto.

Si prende pure gli «auguri giallorossi» dei giornalisti in vista del derby romano in serata. Si mostra fiducioso: «Le cose stanno andando bene, sto lavorando al programma», perché, rivela, «vedo un buon clima di lavoro». E azzarda: «Sono convinto assolutamente che tutti sono disponibili ad accantonare il passato e a concentrarsi su questo importante progetto che riguarda il Paese».

Anzi, per Conte tra Pd e Cinque stelle c'è «molta consonanza nei punti programmatici». Consonanza come quella del premier con i 5 Stelle (perché li conosce da tempo e perché loro l’hanno scelto come ministro e premier): ma la vicinanza non è appartenenza. «Io non sono iscritto al M5s non partecipo alle riunioni del gruppo dirigente politico, non ho mai incontrato i gruppi parlamentari», si smarca il professore pugliese.

Non ci casca Matteo Salvini che dove vede una crepa cerca subito di allargarla: «Conte ha già scaricato i 5Stelle e ha abbracciato con entusiasmo il suo Pd. Che tristezza, da avvocato del popolo a avvocato della casta!». Poche ore dopo i Dem entrano in gioco e alzano la palla al grido «zero vicepremier».

Lo fa Franceschini che parte dall’appello di Grillo a non parlare più di posti e twitta: «Per una volta Beppe Grillo è stato convincente. Una sfida così importante non si blocca per un problema di 'posti'. Serve generosità. Per riuscire ad andare avanti, cominciamo a eliminare entrambi i posti da vicepremier».

Pochi minuti e arrivano tre retwitt di big del partito (Orlando, Marcucci, Gentiloni più la renziana Maria Elena Boschi), fino a quello del numero uno del Nazareno: «Un altro contributo per sbloccare la situazione e aiutare il governo a decollare», scrive Zingaretti sui social. Insomma, la linea del Pd è quella, consapevoli che la meta non è raggiunta. «Lo so che è difficile, ma stiamo facendo di tutto per dare a questo Paese un nuovo governo e per riaccendere l’economia italiana», aggiunge in serata il segretario.

A parte la deadline tracciata da Conte, nessuna indicazione sulla futura squadra di governo. «Non è la massima premura» ora, spiega in diretta web e precisa che, sui ministri, chiederà successivamente a Pd e 5S «suggerimenti, non indicazioni secche». Probabilmente una serie di rose di nomi. Tuttavia promette che non sarà un governo tutto al maschile e aggiunge una 'chicca' in chiave europea: «Mi piacerebbe molto che l’Italia possa dare un contributo critico per adeguare il patto di stabilità al nuovo clima economico, alla nuova prospettiva economica».

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