Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il governo incassa la fiducia in Senato: 169 sì per il Conte bis

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

Il primo ostacolo del governo giallo-rosso è superato: anche al Senato dove i numeri sono più ballerini è arrivata la fiducia, con 169 sì, anche grazie al concorso dei senatori a vita. Sconvocata la riunione della maggioranza sulla legge elettorale (il gruppo Pd si vedrà questa sera per mettere a punto la propria proposta) sul tavolo resta la legge di bilancio.

Sarà una manovra 'light', servirà per sterilizzare l’Iva e attuare il taglio del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori. Ma in primis c'è il nodo delle risorse, con il premier Conte che domani sarà a Bruxelles per iniziare la mediazione sulla flessibilità e con Gentiloni che è pressato affinchè l’Italia ottenga dei risultati.

Si punta innanzitutto sulla possibilità di scomputare gli investimenti dal deficit ma bisognerà comunque trovare i soldi, soprattutto se il governo - per ora lo ha annunciato il ministro Catalfo ma dal Pd ci sono perplessità - non dovesse toccare le misure di riferimento dell’esecutivo giallo-verde, ovvero reddito di cittadinanza e soprattutto 'Quota centu'. La legge di bilancio resta comunque il primo banco di prova della maggioranza.

Per ora non ci sono particolari frizioni tra Pd e M5s sul 'dossier' ma dietro le quinte i timori sono legati alle fibrillazioni interne ai partiti. Di Maio ieri in una riunione sul tema dei sottosegretari, promuovendo i primi passi del governo, non ha nascosto comunque la preoccupazione che anche in tempo breve il Pd possa dividersi, a cominciare dalla manovra.

Lo sguardo è rivolto alle mosse di Renzi e ai numeri della maggioranza, ecco il motivo per cui il capo politico pentastellato non si opporrà affatto - lo ha fatto intendere con i fedelissimi - se si dovessero aggiungere i voti di altre forze, come quelli di Forza Italia. Ed è lo stesso Renzi che ragionando con i suoi al Senato ha battuto sullo stesso tasto, ovviamente con tesi differenti.

L’ex segretario dem si è detto preoccupato per le possibili emorragie all’interno del Movimento 5 stelle, notando come il presidente del Consiglio Conte, sia ieri che oggi, abbia fatto un intervento molto 'soft' sul programma, incisivo solo per i riferimenti sulla Lega. Non si guarda tanto al voto di oggi (la maggioranza dovrebbe sfiorare il tetto dei 170) quanto a quello che accadrà nei prossimi mesi.

E Renzi nei suoi ragionamenti ha spiegato come la possibilità di creare dei gruppi autonomi è sul tavolo non come fattore destabilizzante per la legislatura, quanto proprio per attrarre voti moderati. C'è chi arriva ad ipotizzare a lungo andare la fuoriuscita di un gruppo di forzisti con approdo nel gruppo misto, con l’eventualità di un futuro appoggio esterno oppure di un sì sui provvedimenti in nome della stabilità del Paese.

Ora tutti dicono che ho fatto partire questo governo ma se dovesse naufragare darebbero la colpa a me, il ragionamento fatto oggi ai suoi dal senatore di Firenze che però non ha ancora deciso il 'timing' della sua mossa che potrebbe - sempre nella logica dell’allargamento dei numeri - essere in qualche modo condivisa dalla maggioranza dem.

«Ci sono tanti di FI che non aspettano altro», sottolinea un ministro. Alcuni esponenti del gruppo azzurro effettivamente potrebbero uscire allo scoperto qualora Renzi dovesse accelerare e soprattutto se dovesse essere incardinata la legge elettorale di tipo proporzionale. Ma al momento la strategia è quella di un confronto sulle singole leggi e - dicono da FI - se non si accontenteranno le imprese sarà difficile una convergenza con la maggioranza anche su singoli voti.

In ogni caso la scommessa di Pd e M5s è quella di aumentare i numeri e non è un caso che il premier Conte abbia chiamato le forze dell’opposizione a dare un aiuto sia sulle riforme costituzionali che su quelle economiche. Per ora le voci dissonanti nel Movimento 5 stelle e nel Pd sono solo quelle di Paragone e Richetti. Ma la partita dei sottosegretari potrebbe diventare un altro fattore di fibrillazione, soprattutto nei Cinque stelle.

«Qui sembrano tutti dorotei, c'è mezzo gruppo che si accredita nel sotto governo», lo sfogo di un senatore pentastellato. Pd e M5s cercheranno con un azione di coordinamento di evitare ulteriori corto circuiti, ma per ora gli argomenti divisivi sono pochi. Anzi sulla sicurezza Conte ha convinto anche l’ex M5s De Falco.

Pure l’argomento banche - M5s avrebbe voluto inserire tra i punti la divisione tra le banche di risparmio e quelle d’affari - è stato sgombrato dal campo. L’obiettivo è insomma quello di assicurare per il momento una navigazione tranquilla, anche se i dem vogliono subito calendarizzare la legge elettorale di tipo proporzionale mentre i pentastellati spingono sul sì subito al taglio del numero dei parlamentari.

Persone:

Caricamento commenti

Commenta la notizia