Lunedì 23 Dicembre 2024

Renzi lancia il suo nuovo progetto a Porta a Porta: "Si chiama Italia Viva"

Un terremoto vero, sebbene fosse annunciato da giorni e atteso da mesi. L’addio di Matteo Renzi al Pd torna a scuotere la politica italiana dopo la già rocambolesca crisi ferragostana innescata dalla Lega. L’ex premier scioglie gli ormeggi e porta con sé almeno 40 parlamentari diventando il terzo azionista dell’esecutivo giallo-rosso, dopo M5S, Pd e prima di Leu. Ma Renzi ha già tracciato la sua strada, da qui alla prossima Leopolda. «La mia nuova sfida si chiamerà «Italia viva», annuncia a Porta a Porta, lanciando subito il guanto del confronto tv a colui che considera l’avversario da battere, in un dualismo tutto mediatico: Matteo Salvini, che accetta prontamente.  Il sostegno al governo non viene messo mai in discussione dall’ex premier. Anzi, secondo l’uomo di Rignano la scissione giunta alla nascita del nuovo governo è un gesto di chiarezza, che potrebbe rafforzare l’esecutivo. Ma a Palazzo Chigi non la pensano proprio così. Che Renzi ad un certo punto mettesse in campo il grande strappo a Giuseppe Conte era noto. Ma l'accelerazione degli ultimi giorni, per un premier che voleva cominciare la sua seconda avventura all’insegna della sobrietà, non è piaciuta. E già in mattinata Conte fa trapelare il suo disappunto. Il premier, nel corso della telefonata con Renzi «ha espresso le proprie perplessità su una iniziativa che introduce negli equilibri parlamentari elementi di novità. Rimane singolare la scelta dei tempi di questa operazione, annunciata subito dopo il completamento della squadra di governo», spiegano da Palazzo Chigi. Parole studiate virgola dopo virgola, per mettere in chiaro un concetto: «se questa operazione, niente affatto trascurabile, fosse stata portata a compimento prima della nascita del nuovo esecutivo avrebbe assicurato un percorso ben più lineare e trasparente alla formazione del governo», sottolineano dalla presidenza del Consiglio. Dove, spiega una fonte di maggioranza, l'atmosfera è segnata da «perplessità e turbamento». Per ora Conte non annuncia nessuna contromossa. Non sono in programma,  vertici di maggioranza almeno fino alla formazione dei gruppi né il premier ha intenzione di ripresentarsi alle Camere per chiedere una nuova fiducia. Fatto, quest’ultimo, che formalmente sarebbe ineccepibile visto il cambio della mappatura della maggioranza. La tempistica di un’operazione che Conte considera tutt'altro che trascurabile costringe il premier ad un cambio di schema: il suo governo si compone di 4 partiti. I suoi interlocutori, da tre, diventano 4. Trovare un accordo sulle varie misure, a cominciare dalla manovra, potrebbe essere ben più difficile. E poi ci sono gli effetti del terremoto renziano sulla maggioranza: dal malumore crescente nel M5S, soprattutto in quella parte che mai ha applaudito l’alleanza con il Pd, al rischio di una reazione di pancia tra i Dem, sebbene Nicola Zingaretti in queste ore predichi calma. E il mare è agitato anche tra i partiti di opposizione. Un esempio? Alla cena «tra amici» organizzata in serata da Mara Carfagna con alcuni parlamentari ci sarà anche Massimo Mallegni. Con l’obiettivo, suggeriscono voci di Palazzo, di fare scouting proprio per il nuovo gruppo di Renzi. Insomma, per dirla come il ministro Dario Franceschini sintetizza da Venezia alla sua omologa tedesca, "it's a big problem". L’ex premier, intanto, parla nuovamente da leader. «Per la Ditta non ero uno dei suoi, ci ho sofferto», racconta nel salotto di Vespa senza risparmiare una frecciata a D’Alema e Speranza ("se cantano bandiera rossa meglio che tornino nel Pd") e usando parole al miele per chi, ex renziano o ancora renziano, ha scelto di restare nel Pd. «La prima telefonata l’ho avuta dal ministro Roberto Gualtieri, noi siamo a sua disposizione», spiega l’ex segretario Pd dando un chiaro obiettivo alla neo-maggioranza: «duri fino al 2023 ed elegga il presidente della Repubblica».

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