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Caos Manovra, scontro nel governo su cuneo fiscale e tetto al contante: gelo Di Maio-Conte

«Senza il nostro voto non si va da nessuna parte». Il Movimento 5 stelle piazza parole come dinamite sulla manovra. Luigi Di Maio convoca a Palazzo Chigi, assente Giuseppe Conte, i ministri M5s e decide di sferrare un attacco durissimo.

La manovra scritta dal premier e dal ministro Dem Roberto Gualtieri viene bocciata in diversi punti, dal taglio del cuneo fiscale al tetto al contante. I Cinque stelle invocano «un vertice di maggioranza», seguiti a ruota dai renziani di Italia viva. «L'impianto della manovra non cambia e non cambierà», commenta Gualtieri, che sdrammatizza i contrasti come «fisiologici».

Ma il Pd non gradisce i «minacciosi» toni dei Cinque stelle e Dario Franceschini, parafrasando il detto, avverte: «Un ultimatum al giorno toglie il governo di torno». In un braccio di ferro mai interrotto dal burrascoso Consiglio dei ministri di martedì notte, Conte prova a dare un segnale di disponibilità in mattinata da Bruxelles: «Non mi sottrarrò a ulteriori verifiche sul testo definitivo» della manovra, approvata «salvo intese».

Ma nel mirino c'è il suo piano antievasione, che secondo il M5s penalizza commercianti e professionisti. E sul punto Conte non intende indietreggiare. Anzi, rilancia. Le risorse dal contrasto «all’economica
sommersa» saranno usate per abbassare le tasse: si studia di «unificare al 20% le aliquote Irpef del 27% e del 23%», svela.

Perciò fa «appello» a tutti i partiti a «fare muro» in difesa del pacchetto di norme che vanno dall’incentivo delle carte di credito alle multe per chi non installi pos, fino al calo da 3000 a 2000 euro del tetto al contante. Si può discutere, per il premier, su aspetti di dettaglio, sulle partite Iva come sulle multe: «Ho parlato con gli operatori per azzerare o ridurre sensibilmente le commissioni sulle carte», annuncia.

Ma «non è che ogni opinione diventa una contromanovra», taglia corto. Matteo Renzi, lanciando la sua Leopolda «di sfida», annuncia che voterà un emendamento per cancellare quota 100. Ma quello, ribatte Conte, è «un pilastro» della legge di bilancio. Le parole del premier dovrebbero far piacere ai Cinque stelle, che hanno strenuamente difeso la misura sulle pensioni. Ma a Di Maio non basta.

Per due ore in mattinata, al rientro dagli Usa, riunisce ministri e sottosegretari M5s. E che li convochi a Palazzo Chigi suona all’esterno come un segnale di sfida. Tra i Cinque stelle c'è chi pensa che la manovra sia troppo a trazione Pd o, come dice anche qualche renziano, «comunista». Sulla richiesta di modifiche Di Maio e Renzi sono dallo stesso lato della barricata e già fanno preparare emendamenti: «C'è sintonia sul no a nuove tasse», conferma Maria Elena Boschi.

Ma se i voti di Iv sono decisivi per la maggioranza, il M5s rivendica il proprio ruolo di primo «azionista» del governo. E lo fa con veemenza, in un lungo post sul Blog delle stelle: «Fiducia nell’esecutivo e massima fiducia in Conte ma è il Parlamento a decidere». E, facendo valere i suoi numeri, i cinque stelle dicono no al tetto al contante e alle multe sui pos che non portano risorse e «non combattono l’evasione» ma danno un segnale «devastante» a professionisti e commercianti.

Ripetono che serve il carcere per chi evade oltre 100mila euro e propongono di tassare i concessionari autostradali. Intimano di non cambiare le regole della flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro: «Che senso ha tagliare le tasse sul lavoro dando 40 o 50 euro in più al mese se poi si prendono i soldi da chi si spezza la schiena?», chiedono provocatoriamente, attaccando la misura più cara al Pd.

«Tengono nel mirino i lavoratori dipendenti. I soldi sono pochi? Bene, aumentiamoli!», ribatte Andrea Orlando. A sera, mentre nei partiti si alimentano le voci di possibili ribaltoni di Di Maio e Renzi ai danni di Conte, non risultano notizie di contatti tra il premier e il ministro degli Esteri.

Il vertice potrebbe esserci tra domenica sera e lunedì, al ritorno di Gualtieri da Washington ma non è ancora convocato. M5s non rinuncia all’idea di far tornare la manovra in Cdm e invoca «più dialogo». La partita si annuncia lunga.

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