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Chi è Enrico Letta

Autorevole, democratico, europeo, milanista. Volendo abbozzare il profilo di Enrico Letta, si può partire da questi tre aggettivi. Il primo è stato usato e abusato nelle ore immediatamente precedenti alla discesa in campo dell’ex premier da minoranza e maggioranza dem. Democratico come il partito che ha contribuito a fondare 14 anni fa a nel quale ha trovato le più grandi soddisfazioni, ma anche le delusioni più cocenti. Europeo è l’aggettivo che ricorre di più a leggerne la biografia, a partire dall’infanzia trascorsa a Strasburgo, passando per gli incarichi al Parlamento Europeo, fino ad arrivare alla scuola di Studi Politici ("Sciences Po") di Parigi. Per ultimo - ma solo perchè l’elenco è in rigido ordine alfabetico - milanista: a scorrere il profilo Twitter dell’ex premier emerge tutta la passione che anima il Letta tifoso, quello che nel mezzo della riflessione sulla eventuale candidatura a segretario dem e fra i mille impegni da direttore della Paris School of International Affairs gli fa scrivere «Grande Kjaer, grande il nostro danese», in onore del difensore rossonero che ieri ha regalato il pareggio alla sua squadra contro il Manchester United. Un gol, quello del danese, che rimette il Milan in gara per l’Europa League e, fatte le dovute differenze, è quanto si propone di fare Enrico Letta con il Partito Democratico, al quale torna dopo un «lungo addio».

Esattamente sette anni e un mese dopo, Letta torna alla casa madre. Tanto è passato dalla direzione che, su indicazione dell’allora segretario Matteo Renzi, lo sfiduciò da presidente del Consiglio per fare posto a un governo guidato dallo stesso Renzi e sorretto, fra gli altri, da parlamentari Pd eletti sotto la segreteria Bersani. Fu quello l’epilogo di una lunga guerra di logoramento che ebbe in tre parole il suo acme: «Enrico stai sereno». Parole che nascondevano la verità di un partito nel quale ci si preparava a fare fuori politicamente il premier che aveva espresso.

Nel 1999 diventa ministro dell’Industria nel secondo governo D’Alema e nel 2000 viene confermato nel secondo governo Amato, nel quale diventa anche ministro del Commercio Estero. Nel 2002 comincia la sua avventura europea: viene eletto nelle liste della Margherita - del quale è Responsabile Economico - all’Europarlamento e si iscrive al gruppo dei liberal democratici di Alde. Rieletto alle politiche del 2006, viene nominato sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri nel Governo Prodi e abbandona l’incarico di eurodeputato per accettare quello di deputato nazionale. Son gli anni in cui matura fra i dirigenti dei Ds e quelli della Margherita l’idea di un partito che mettesse insieme le due culture politiche di massa dell’Italia, quella erede del Pci e quella erede delle Democrazia cristiana. Letta diventa componente del Comitato Nazionale per il Partito Democratico che riunisce i leader delle componenti del futuro Pd.

Il 24 luglio 2007 annuncia la sua candidatura alle primarie per la segreteria del Pd tramite un video su YouTube - uno strumento innovativo per quei tempi - e si piazza terzo, dietro a Rosy Bindi e Walter Veltroni che diverrà il primo segretario Pd. Dal 24 febbraio 2009 il segretario Dario Franceschini (già vicesegretario di Veltroni) lo nomina presidente nazionale del Forum Welfare. Alle primarie del 2009 Letta, ex democristiano, sosterrà la candidatura a segretario di Pier Luigi Bersani, al quale lo lega ancora una profonda amicizia, diventando vice segretario del partito. Nel 2013, dopo la notte dei 100 franchi tiratori e le dimissioni di Bersani, si dimette dall’incarico nel partito e riceve, poco dopo, l’incarico di formare un nuovo governo. L’esperienza a Palazzo Chigi viene interrotta, quasi un anno più tardi da quelle tre parole: «Enrico stai sereno».

Qualcosa di simile a quanto stava accadendo prima delle dimissioni di Nicola Zingaretti, quando dai gruppi del Pd di Camera e Senato, eletti sulla base delle liste redatte da Matteo Renzi, è iniziato il fuoco amico contro il segretario Nicola Zingaretti. Le dimissioni anticipate e inattese di Zingaretti hanno però ribaltato il tavolo e preparato il ritorno di Enrico Letta. Un ritorno che fa tirare un sospiro di sollievo ai dirigenti Pd e, stando a quanto si legge sui social, anche a buona parte di militanti ed elettori. A tre ore dalla pubblicazione su Twitter, sono stati 6.780 i like al video in cui Letta annuncia la sua candidatura, oltre 1.500 i commenti, 1.016 i retweet e 657 i retweet con citazione. Molti di questi commenti fanno riferimento alla rivalità vera o presunta fra Letta e Matteo Renzi.

Ma la storia dell’ex premier parte da molto più lontano di quel 14 febbraio 2014. Letta è infatti uno dei fondatori del Pd. Si direbbe un «padre nobile», se non fosse che con i suoi 55 anni (li compirà il 20 agosto) è collocabile a buon diritto fra i «giovani» della politica italiana. Politicamente, muove i primi passi nella Democrazia cristiana, divenendo presidente dei Giovani democristiani europei, dal 1991 al 1995. Una carica che riassume bene la sua formazione umana e politica fortemente agganciata ai valori europei, complice un lungo periodo dell’infanzia trascorso a Strasburgo. Il governo Ciampi lo vede approdare alla Farnesina guidata da Beniamino Andreatta, tra il 1996 e il 1997 è segretario generale del Comitato Euro del ministero del Tesoro, e nel 1997 diventa vice segretario del Partito Popolare Italiano assieme a Dario Franceschini, con Franco Marini segretario. Nel 1998 diventa ministro delle Politiche Giovanili del governo D’Alema, facendo registrare il record del ministro più giovane - fino ad allora - della storia repubblicana.

 

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