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Il "no" di Berlusconi a Meloni: "Con te leader perderemmo le elezioni"

Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini (D), con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni sul palco allestito in Piazza Maggiore a Bologna, 8 novembre 2015. ANSA/GIORGIO BENVENUTI

Sarà il vertice del compromesso o dell'unità necessariamente ritrovata, viste le elezioni a breve e i favori dei sondaggi. O almeno è l'auspicio di molti. Sulla reunion del centrodestra nel pomeriggio, 71 giorni dall'ultima volta, pesa ora il macigno della premiership.

E’ il principale tema di discussione tra alleati. Meloni chiede che sia mantenuta la regola che ad indicare il premier sia il partito che ha ottenuto più voti alle elezioni. Si tratta di un principio storico del centrodestra, che risale a quando FI era il primo partito. Da FdI, quindi, si chiede "pari dignità": incomprensibile che non sia valido solo perchè ora i più forti siamo noi, si contesta. Dopo mesi di competizione interna per la leadership del centrodestra, con la Lega a più di dieci punti sotto FdI nei sondaggi, Salvini nei giorni scorsi ha assicurato di essere d’accordo con Meloni nel rispetto della regola. Da Forza Italia, invece, si cerca di prendere tempo. «Io non riesco ad appassionarmi a questo problema, e non credo appassioni gli italiani. Del resto non mi pare che i nostri avversari abbiano indicato un candidato premier. Perchè questa pressione su di noi?», ha ribadito Berlusconi in un’intervista pubblicata alla vigilia del vertice.

E invece il nodo per Berlusconi ruoterebbe proprio attorno all'immagine pubblica di Giorgia Meloni. Una "figura" politica che potrebbe spaventare l'elettorato moderato fino ad una eventuale sconfitta (o comunque una non vittoria) della coalizione. Un allarme già lanciato dalla stampa internazionale, con in testa il New York Times che ha definito "desolante" il futuro dell'Italia qualora l'estrema destra s'intestasse il nuovo Governo.

«Qui non c’è nessuno, cara Giorgia, contro di te. Anzi, noi vogliamo vincere tutti insieme e sappiamo benissimo che sei il nostro grande punto di forza». Sarebbe questo il punto chiave del discorso che il Cavaliere avrebbe preparato per indorare la pillola all'alleata.

Per quanto riguarda l’appuntamento del pomeriggio tra Berlusconi Salvini e Meloni, l'intervento di Tajani anticipa quanto probabilmente sarà sostenuto dallo stesso Berlusconi. Mentre Forza Italia deve far fronte ad un'emorragia senza precedenti (con l'uscita dalle proprie fila di nomi di spicco come quelli dei ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini) Tajani si dice certo che «non emergerà il nome del candidato Presidente del consiglio, ma le linee del programma del centro destra. Poi poco importa chi alzerà la coppa dopo aver vinto la partita». Anche per l'azzurro Maurizio Gasparri "Il problema della Meloni - ha detto a Metropolis - non è tanto rivendicare il primato della coalizione, ma dimostrare che non è quel mostro nazifascista che Repubblica descrive. Meloni ha 46 anni e credo sia consapevole del problema. Oggi deve chiarire non solo le sue posizioni, che per me non sono nazifasciste, ma dimostrare che la sua è una coalizione equilibrata".

Oggi il primo vertice dopo mesi

A una settimana esatta dallo strappo di Lega e Forza Italia al Senato che ha portato alle dimissioni di Mario Draghi e a meno di due mesi dalle elezioni, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si incontreranno dunque oggi alle 17 per il primo vertice che la coalizione, favorita nei sondaggi, tiene da mesi. I tre si ritrovano per la prima volta dopo la drammatica rottura consumata a fine gennaio sul Mattarella bis (FI e Lega a sorpresa votarono a favore, FdI contro). Allora non bastarono i due quadri raffiguranti la Madonna regalati dal Cavaliere a portare la 'pace' tra gli alleati, che alla fine si presentarono divisi in cinque capoluoghi di provincia alle amministrative, con FdI che protestava per il mancato accordo (che ancora non c'è, per la verità) sulla ricandidatura del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci.

Lo scenario politico

Ma con il mancato voto di fiducia a Draghi di Lega e FI, lo scenario politico è cambiato radicalmente. I partiti del cosiddetto 'centrodestra di governo' - ci sono anche i centristi di Noi con l’Italia e Udc - si sono ricompattati con FdI, rimasta all’opposizione per tutti i 17 mesi di governo di unità nazionale. E il vertice di oggi si preannuncia sostanzialmente in discesa. Certo non mancano i nodi da risolvere, anche spinosi, ma in tutti i tre principali partiti della coalizione prevale l’ottimismo sul fatto che si arriverà a un accordo. D’altronde - lo mostrano anche i sondaggi che danno la coalizione intorno al 45% - la posta in ballo è alta: se il centrodestra si presenterà unito ha la possibilità di vincere la elezioni del 25 settembre.

Il ritorno del Cavaliere alla politica

Il vertice segna anche il ritorno di Berlusconi nei palazzi della politica, dai quali il Cavaliere manca dai tempi delle consultazioni per la formazione del governo Draghi. La presidente di Fratelli d’Italia ha infatti preteso e ottenuto che l’incontro si tenesse in un «luogo istituzionale», come è Palazzo Montecitorio, anziché in una residenza privata di Berlusconi, come avviene da decenni. E anche questo è un segnale del nuovo corso che vuole dare a una alleanza a chiaro traino FdI.

Il programma elettorale

I tre partiti hanno molti punti programmatici in comune. Fanno eccezione alcune battaglie identitarie, come l’autonomia per i leghisti, che potrebbe incontrare più resistenze in FdI di quante incontrate nel Pd. Berlusconi ha riferito di aver già scritto un programma di governo, «avveniristico» da sottoporre agli alleati. Tra i punti citati, l’innalzamento delle pensioni minime a mille euro, la piantumanzione di un milione di alberi, oltre a temi tradizionali come la flat tax, il taglio del cuneo fiscale. Per i leghisti è fondamentale una operazione di 'pace fiscale' sulle cartelle esattoriali fino a 10mila euro e il ritorno dei decreti Salvini sull'immigrazione. «C'è il tema dell’assetto istituzionale italiano e di una riforma in senso presidenziale: dal presidenzialismo e da un rapporto diretto tra governo e cittadini dipende anche la possibilità di fare tutte le altre grandi riforme», ha risposto Meloni a chi le chiedeva le priorità di governo per FdI. «Poi ci sono i temi economici: sostegno all’economia reale, a chi vuole lavorare, alle aziende che assumono. E c'è ovviamente tutto il tema sociale che va dagli anziani, ai giovani, ai nuovi poveri. Ormai non esiste più un ceto medio e una forza sociale come la nostra non può fingere di non vedere».

Europeismo e atlantismo

I tre principali partiti sono divisi e hanno storicamente tre collocazioni diverse in seno al Parlamento europeo. FdI co-presiede i Conservatori europei, la Lega aderisce al gruppo euroscettico Identità e democrazia, mentre FI è da anni colonna del Popolari europei. Berlusconi ha più volte sottolineato che si farà garante del mantenimento della coalizione sui binari stretti dell’europeismo e dell’atlantismo. Ma i rapporti della Lega di Salvini con la Russia di Vladimir Putin, i legami di Salvini e Meloni con l’ungherese Viktor Orban e i conservatori polacchi del Pis saranno sicuramente oggetto di una campagna elettorale che si presume vedrà correre contro il centrodestra una formazione costruita attorno all’agenda Draghi, europeista e anti-sovranista.

Collegi uninominali

FdI chiede, come ha sottolineato il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, di avere circa il 50% dei collegi. L’obiettivo è di replicare il metodo usato nel 2018, quando gli alleati si trovarono attorno a un tavolo, ognuno con il sondaggio commissionato a un istituto di fiducia e decisero le quote in base alla media dei tre sondaggi. Una volta confermato il metodo - si precisa da FdI - non è escluso che da parte nostra non ci siano aperture, gesti di generosità per esempio su alcuni collegi da attribuire ai centristi. Ma il metodo deve essere confermato, si insiste. Nel 2018, poi si divisero i collegi in sei 'fasce' in base alle possibilità di vittoria - ricorda un dirigente - e si ripropose la quota proporzionale di ogni partito in ciascuna fascia. Alla divisione dei collegi in proporzione ai sondaggi si oppongono, però, Lega e FI, che chiedono invece che si faccia una media tra i sondaggi e il dato storico di ciascun partito.

Patto anti-inciucio

Già dal 2018, Fratelli d’Italia chiede agli alleati di firmare un patto - allora definito «anti-inciucio» - in cui si impegnano a non allearsi con altre forze politiche, in caso di sconfitta del centrodestra alle elezioni. Una sorta di 'vincolo di coalizione'. «Chiederò maggiore impegno rispetto a quello che mi è stato garantito in passato sull'indisponibilità a fare alleanze variabili: quando sei una squadra e ti avvii a una battaglia, la prima regola è che si vince e si perde insieme», ha spiegato nei giorni scorsi. «E quando vinci insieme si governa insieme, quando si perde si sta all’opposizione insieme».

La questione "Sicilia"

A tutto questo va aggiunto che in autunno si dovrebbe votare in Sicilia e Musumeci dovrà decidere nelle prossime ore se in election day con le politiche. Ancora non c'è l’accordo di tutto il centrodestra sulla ricandidatura del governatore vicino a FdI. E’ in particolare FI, con il commissario Gianfranco Miccichè, a frenare. E si attende che il partito di Meloni porrà la questione sul tavolo del vertice. FdI ha più volte minacciato nei mesi scorsi che, se gli alleati metteranno in discussione Musumeci, allora salterà il principio della ricandidatura degli uscenti, ponendo così in dubbio il sostegno al leghista Attilio Fontana alle regionali lombarde in programma a primavera del 2023. Sulle regionali c'è molta tensione sui territori. In Lombardia alcuni nel centrodestra spingerebbero per lo scioglimento anticipato del consiglio per consentire di votare in election day con le politiche. Ma Salvini e Fontana hanno smentito questa ipotesi. Mentre la vice di Fontana Letizia Moratti ha confermato di volersi candidare e pretende un «chiarimento» dai partiti del centrodestra.

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