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Letta ci crede: "Rimonta possibile. Calenda e Renzi usano Draghi per lucrare lo 0.5% in più"

Enrico Letta

Enrico Letta dà la carica ai candidati sfoderando ottimismo sui dati. «Tutti i segnali dicono che la rimonta nei collegi contendibili diventa sempre più interessante e possibile». L’occhio è a quella sessantina di sfide che il Pd ritiene possano cambiare l’esito delle elezioni. Poi, in un comizio ad Ancona, il segretario Pd si spinge anche più in là: «Vinceremo noi le elezioni, Giorgia Meloni sarà all’opposizione». Lo schema «noi contro Meloni» di rimbalzo spinge sul voto utile. «Gli unici che fanno una campagna elettorale proattiva nel tentativo di presentare una alternativa al centrodestra siamo noi - spiega Letta - Sia da parte dei 5 stelle che del Terzo polo gli obiettivi siamo noi e non la destra». Per la campagna contro l’avversaria Meloni, Letta suggerisce ai candidati di prendere come metro i botta e risposta del faccia a faccia di qualche giorno fa, quando si è confrontato con la leader di FdI su Corriere.it.

Per Terzo polo e M5s, il segretario Pd segue la strategia dell’ariete: «Calenda e Renzi usano Draghi per lucrare uno 0,5% in più». E poi: «C'è stata la volontà di due leader, Conte e Calenda, di andare da soli, perché hanno immaginato di contrastare la difficoltà che avevano con un ritorno alla purezza originaria. Il loro obiettivo è cancellarci e toglierci lo spazio politico che abbiamo. Stiamo combattendo una battaglia doppia e impegnativa». Con l’avvicinarsi delle urne, i toni si alzano. «Il nostro obiettivo non è cancellare il Pd - ribatte Calenda - Penso che inseguire il M5S con proposte e toni sempre più populisti sia un errore. Ma sono fatti tuoi». Dopo il piano per il sud per "smontare il bluff di Conte», Letta ha presentato il piano per la salute: «Assumiamo l’impegno che non saremo mai sotto il 7% per la spesa sulla sanità nel Pil», ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. E poi il programma sulle pari opportunità: «Vogliamo un Paese a misura delle donne - ha sottolineato Cecilia D’Elia, portavoce delle donne democratiche - che sono un soggetto del cambiamento, altro che fragilità».

Dietro alle proposte, c'è un filo rosso: «Rilanciamo la nostra leadership nell’elettorato progressista», rivendica Letta, che annuncia quale sarebbe uno dei primi provvedimenti nel caso in cui il Pd andasse al governo: lo ius scholae. La sfida a sinistra è indicativa del rapporto tormentato del Pd col M5s. Sembra che il Movimento stia crescendo, ma «quello che ho visto, che penso e auspico - spiega Letta - è che avvenga a scapito del centrodestra». Nel Partito democratico c'è chi ragiona sul dopo voto, quando non si potrà fare a meno di parlare dell’ipotesi campo largo: «Senza una vittoria del Pd - ha detto Andrea Orlando a Il Manifesto - non ci sarà nessun campo, né largo né stretto, sarà ineluttabile il dialogo fra tutte le forze che non si riconoscono nel campo della destra estrema». Cauto anche Dario Franceschini: «Penso che ci si debba ragionare, sia che si vinca sia che si perda - ha detto a Repubblica - Il Pd deve comunque essere il cardine di questa ricostruzione, ma ne parleremo a tempo dovuto». Chi invece ha affrettato i tempi è stato il governatore della Puglia Michele Emiliano che, per evitare la vittoria della destra, nei giorni scorsi ha invitato a votare Pd o M5s. Una dichiarazione che Conte ha colto al balzo: «Emiliano ha detto una cosa che è oggettiva: cioè chi vota noi non vota la Meloni». Se le truppe si agitano un pò, i leader restano fermi e distanti. «Con questo vertice del Pd - ripete Conte - non c'è possibilità di sederci ad un tavolo, all’indomani del voto». E anche Letta è categorico: «Conte nel momento clou ha fatto cadere Draghi, una scelta di irresponsabilità irreparabile». E, in ogni caso, con questa legge elettorale, conclude Letta, «chi vince ha la maggioranza assoluta in Parlamento, quindi la questione delle alleanze non è realistica. Il problema non si porrà».

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