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"Con Decaro a casa della sorella del boss", è bufera sulle parole di Emiliano. La Lega: "Sciogliere il Comune"

Ma il sindaco di Bari smentisce il governatore pugliese. "Non ricorda bene, non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella"

E’ bufera sulle parole del governatore pugliese Michele Emiliano che sabato aveva detto di avere portato l’allora assessore Antonio Decaro a casa della sorella di un boss di Bari vecchia. Il sindaco lo smentisce: "Emiliano non ricorda bene non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella».

E malgrado le precisazioni fatte già ieri dal governatore che dice che la sua frase è stata fraintesa, il centrodestra oggi va all’attacco chiedendo, con il vicesegretario federale della Lega Andrea Crippa, che «il Viminale proceda quanto prima con lo scioglimento del Comune. Dopo l’autodenuncia di Emiliano è impossibile e intollerabile continuare ad avere in carica un presidente di Regione e un sindaco del capoluogo che si affidano alla sorella di un boss per portare avanti l’attività sul territorio». Gli fa eco il vicepresidente della commissione antimafia, il pugliese Mauro D’Attis (FI) che chiede che la commissione faccia approfondimenti sulle dichiarazioni di Emiliano e acquisisca tutti gli atti programmando anche «una serie di audizioni». Mentre il ministro degli affari regionali, Roberto Calderoli, pur ribadendo che per lui la norma sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni per mafia va cambiata, accosta la vicenda raccontata da Emiliano alla «trattativa Stato mafia» e dice: «La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta».

Il tutto nasce dalla manifestazione di piazza con migliaia di cittadini che hanno espresso solidarietà a Decaro dopo che il Viminale (sollecitato da parlamentari pugliesi del centrodestra) ha nominato una commissione per verificare eventuali infiltrazioni mafiose nel Comune. Iniziativa seguita all’operazione antimafia con 130 arresti che ha svelato episodi di voto di scambio politico-mafioso per l’elezione di una consigliera di centrodestra, poi passata nel centrosinistra, e l'ingerenza del clan nella municipalizzata del trasporto urbano.

A 24 ore dalla frase di Emiliano, Decaro ricostruisce il contesto in cui si svolse la vicenda che risale a «quasi venti anni fa» quando l’attuale governatore era «un magistrato antimafia appena eletto sindaco, in un quartiere, come quello di Bari Vecchia, abituato da sempre al parcheggio selvaggio nella totale illegalità» e lui era assessore al Traffico. «Emiliano non ricorda bene - dice Decaro - È certamente vero che lui mi diede tutto il suo sostegno, davanti alle proteste di buona parte del quartiere, quando iniziammo a chiudere Bari Vecchia alle auto, ma non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella». «Dopo qualche diverbio con alcuni residenti - aggiunge - un giorno incontrammo alcuni ragazzi in piazza che cominciarono a inveire contro di me. Michele disse loro di lasciarmi in pace perché dovevo lavorare per i bambini del quartiere». «La signora in questione invece - conclude - la incontrai per strada, molto tempo dopo la chiusura al traffico, e ci litigai perché non si rassegnava all’installazione delle fioriere che impedivano il transito delle auto».

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