Le regole della par condicio, che potrebbero complicare un confronto a due, ma che ancora non sono pronte. E le liste, che vanno depositate di qui a un mese. Mentre si avvicina l’appuntamento con le elezioni europee si rincorrono le voci sull'annunciato duello tv tra la presidente del Consiglio, e di Fdi, Giorgia Meloni, e la segretaria del Pd Elly Schlein, ma ancora non sarebbe stata fissata una data. Nessuna delle due ha ancora sciolto la riserva e entrambe sono impegnate, nel frattempo, col rebus delle candidature, che sono un rompicapo più per la leader dem che per la premier, mentre a sinistra spunta anche l’ipotesi di un rientro in politica di Ignazio Marino. Candidato però a sinistra del Pd, con Avs. L’ex sindaco di Roma ancora non avrebbe preso una decisione ma l’ufficializzazione della sua corsa per l’Europarlamento potrebbe arrivare già in settimana (mentre in Piemonte si dovrebbe candidare, sempre con Sinistra e Verdi, il suo ex capo di gabinetto, Roberto Tricarico). Un problema in più la concorrenza a sinistra per Schlein, che già deve fronteggiare il malcontento degli uscenti ("le liste non sono l’Isola dei famosi» affonda Pina Picierno che si è trovata il collegio "occupato da Marco Tarquinio» e con Lucia Annunziata giù ufficializzata come capolista). Gli staff dei dem e della premier sono in contatto da settimane per mettere a punto i dettagli della sfida in tv, ma il tempo stringe visto che a breve entrerà in scena la tagliola della par condicio. Mercoledì la commissione di Vigilanza Rai ascolterà l’Agcom sulla proposta di regolamento, che scatta a partire dall’indizione dei comizi elettorali, e che dovrebbe essere votato il 9 aprile. Una volta in vigore, le regole sulla pari visibilità di tutti i contendenti, complicherebbero, ragionano gli addetti ai lavori, il duello a due, anche perché si vota con il sistema proporzionale.
Questa settimana intanto ci potrebbe essere un antipasto del confronto tra i leader, ma a distanza, nel salotto di Bruno Vespa su Rai 1 pronto ad ospitare Giuseppe Conte (martedì, confermato), poi Schlein e Meloni (rispettivamente mercoledì e giovedì, salvo cambi di agenda dell’ultima ora). Se per la segretaria dem le grane vengono dal suo stesso partito, per Meloni le incognite sono legate alla rincorsa tra i suoi alleati, con Fi che potrebbe superare la Lega alle urne il 9 giugno. A impensierire non sono tanto i progetti di Antonio Tajani - rafforzare il centro, costruendo una sorta di Ppe italiano con Maurizio Lupi ma anche con i civici di Claudio Scajola e con l’Svp - ma le intemperanze di Matteo Salvini che non perde occasione di lanciare messaggi contro la commissione uscente, guidata da Ursula von der Leyen. La presidente è anche ufficialmente in campo per un bis, designata dai popolari come spitzenkandidat. Ma non vanno confusi, ripetono da Fdi, i buoni rapporti istituzionali tra Meloni e von der Leyen con il sostegno alla candidatura. Un sistema, peraltro, che non piace né a Id né da Ecr (la famiglia europea di Meloni), anche se una riflessione interna ancora non sarebbe stata affrontata (nel 2019 alla fine i conservatori indicarono il loro presidente, il ceco Jan Zahradil). Ma la partita vera, continuano a ripetere in casa Fdi, si aprirà dopo il 9 giugno, quando si peseranno i partiti in campo, a livello nazionale ed europeo. Prematuro insistere sulla richiesta di chiarire il sostegno o meno a von der Leyen e altrettanto prematuro, dicono i dirigenti meloniani, parlare ora di un rimpasto di governo. Se ci sarà un ministro chiamato a fare il commissario si libererà una casella. Se Daniela Santanché dovesse decidere di lasciare dopo un eventuale rinvio a giudizio, se ne libererebbe un’altra. Scenari ancora troppo ipotetici, il ragionamento delle prime file di Fdi, che per ora sta preparando le tensostrutture che ospiteranno direttamente sulla spiaggia di Pescara la conferenza programmatica del partito a fine aprile. E l’annuncio, che tutti sperano, della candidatura di Meloni.
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