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Corsa alle europee, il nome della Schlein nel simbolo divide il partito. Prodi: "Ferite alla democrazia"

Il tema del nome della segretaria Pd nel simbolo delle prossime europee sta monopolizzando i lavori della direzione del Partito Democratico convocata per approvare le liste. Il dibattito, stando a quanto si apprende, nasce dalla proposta avanzata in direzione da Stefano Bonaccini di prevedere nel simbolo dem il nome di Elly Schlein.

Una proposta che era stata messa sul tavolo della segreteria, viene riferito, già questa mattina e che aveva visto contrari esponenti della maggioranza dem come Marco Sarracino e Peppe Provenzano. Ma dubbi avrebbe manifestato anche Debora Serracchiani, responsabile Giustizia che al congresso ha sostenuto Bonaccini. I contrari, emerge dal dibattito in direzione, temono in particolare una ececssiva personalizzazione del partito e della campagna elettorale.

Inoltre, i contrari lamentano la tempistica della proposta: La discussione, ha sottolineato ad esempio Giuseppe Provenzano, non andava aperta oggi, ma dopo le europee e inserita in un lavoro più ampio sull'organizzazione del partito e dle suo modello. Un modello che, per chi si oppone all’inserimento del nome di Schlein nel simbolo, non può essere quello leaderistico che si vede in altri partiti. «Elly, tu non sei Giorgia Meloni, Matteo Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, Calenda. Sei meglio di loro e vieni da una cultura diversa», ha sottolineato Cuperlo. La guida di Schlein, per Cuperlo, «è più autorevole e forte senza necessariamente quella scelta». Contro la proposta si è espresso anche Alfredo D’Attorre, responsabile Università e Ricerca del Pd ed esponente dell’area ex Articolo 1.

«Quel che sta succedendo dimostra proprio che non mi dà retta nessuno». Intervistato a Napoli, nel corso dell’iniziativa 'La Repubblica delle idee", Romano Prodi commenta così la scelta di Elly Schlein di candidarsi alle Europee. «Ragioniamo con un pò di buonsenso - argomenta l’ex presidente della Commissione europea - perchè dobbiamo dare un voto a una persona che, se vince, di sicuro non ci va. Queste sono ferite della democrazia, si scava un fosso per cui la democrazia non è più amata. Ho detto solo questo. Riguarda Meloni, Schlein, Tajani e tutti. Non è questo il modo di sostenere che la democrazia è un sistema al servizio del popolo».

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