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Verso le Europee, Renzi a Messina: «L’Ue, l’Italia? Palla... al centro. Meloni una chiacchierona e Schlein troppo a sinistra»

Intervista all’ex premier e leader di Iv candidato al Parlamento di Strasburgo nella lista Stati Uniti d’Europa.

Otto temi, a volo di rondine. La campagna elettorale ha tempi serratissimi. Matteo Renzi è in Sicilia, ancora una volta: i “ponti” di primavera in compagnia della moglie, l’intervento al Congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati; ora, il tour a ridosso delle Europee che tocca più città dell’Isola, e che si adagia in un sabato pomeriggio sulle rive dello Stretto. Laddove vien naturale scorgere orizzonti e non confini. E l’orizzonte più ampio e più “alto” è rappresentato dagli Stati Uniti d’Europa. «Non solo una lista di scopo. Sono sempre stato affascinato dall’idea» che trovassero luce gli «Stati Uniti d’Europa», esordisce Matteo Renzi. «Sin dal 2012, quando mi sono messo in viaggio in camper per l’Italia. Il futuro sono gli Stati Uniti d’Europa! Specie in una difficilissima fase storica come quella che attraversiamo, con una politica internazionale impazzita. Una continua, irresponsabile, escalation verbale».
Renzi stigmatizza l’ultima presa di posizione del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg («Colpire la Russia sul suo territorio con gli armamenti forniti a Kiev dall’Occidente», ndr). «Il sostegno all’Ucraina», argomenta il fondatore di Italia Viva – unico leader nazionale che in caso di elezione a Strasburgo opterà per il seggio europeo lasciando il Senato –, «è incondizionato, ma dev’essere costantemente accompagnato da un’azione diplomatica».
È anche in questo contesto che si innesta il ruolo di Stati Uniti d’Europa, la lista alla quale ha dato vita l’ex premier con Emma Bonino, e... pazienza se Carlo Calenda si è sfilato. «Potremo essere decisivi – afferma non perdendo di vista l’obiettivo minimo, e indispensabile, che è il superamento dello sbarramento elettorale (4%) – nei prossimi equilibri politici continentali». Praterie al centro, con una «Giorgia Meloni che giocoforza si sposterà sempre più verso Marine Le Pen ed Elly Schlein» calamitata «su posizioni sovrapponibili a quelle di Maurizio Landini», che vuol abolire quel “Jobs Act” che è architettura renziana. E che l’ex premier difende.
Tanta carne al fuoco, anche sul tavolo della politica nazionale. Partendo da quelle riforme costituzionali che Renzi propugna da più di un decennio e rispetto alle quali pagò dazio politico: una “discesa” fatale dopo aver portato il Pd al 41% proprio in occasione di una competizione europea (2014).
Adesso si è aperta un’altra partita, ma a dare carte è un governo di destra-centro. «Il premierato? Sì», dichiara, «ma non così!». Renzi avrebbe preferito un altro modello, «il semipresidenzialismo alla francese», è cosa nota. «La proposta della ministra Casellati è uno “schifezzellum”», ribadisce. «Non regge, non sta in piedi. Non è l’elezione diretta del premier come noi avremmo voluto, non è il sindaco d’Italia. Uno “schifezzellum”», per l’appunto.
Così come «non funziona il modello di Autonomia differenziata immaginato dal ministro Calderoli», sposta il campo d’analisi Renzi. «Uno che si inventò un sistema elettorale passato alla storia come “Porcellum”, ma cosa ci si poteva aspettare?». Il giudizio del leader di Iv è tranciante: «Aumenterà gli squilibri tra Nord e Sud. Una bandierina di Salvini che ha effetti divisivi nel Paese».
È una bocciatura netta quella che riserva Renzi all’azione del governo Meloni. Tanto più che in particolare su un tema Italia Viva era, ed è, disposta a condividere tappe del percorso: la riforma della Giustizia. I “cerchi di fuoco” giudiziari, personali e familiari, Matteo Renzi se li è lasciati alle spalle: sentenze della Cassazione e una della Corte costituzionali che sono pietre tombali su vicende inevitabilmente anche dolorose. Il problema è «che questa riforma della Giustizia ancora non c’è. Non si vede». Fermo assertore della necessità di operare una svolta in direzione del «garantismo», Renzi rileva che in via Arenula si fronteggiano due correnti di pensiero: «Quella garantista propugnata dal guardasigilli Nordio e la seconda, giustizialista, interpretata dal viceministro Delmastro. Sta prevalendo quest’ultima», sostiene l’ex premier rammaricandosene.

Anche sulla riforma fiscale il solco con l’attuale esecutivo è profondo. «Meloni ha mentito», entra nel merito. «E sul redditometro hanno fatto un errore da mediocri. Il mio governo eliminò dal redditometro la media spese Istat, il meccanismo diabolico che il governo», attraverso il viceministro Maurizio Leo, «voleva reintrodurre. Una misura illiberale e statalista», sottolinea senza ombra di dubbio l’ex premier, «che vessa inutilmente i contribuenti. Questo esecutivo è in confusione. Dovrebbe abbassare le tasse e invece aumenta la burocrazia. Io le tassi le abbassai». Rassegna più esempi Renzi, soprattutto rispetto a quanto sta avvenendo oggi anche su temi che hanno forte proiezione europea, come ad esempio il malcontento, la rabbia autentica che emerge dal mondo dell’agricoltura. E ricorda: «Tolsi le accise sulla benzina agricola, il ministro Lollobrigida le ha ripristinate».
L’affondo sulla premier è netto: «Giorgia Meloni è una chiacchierona!», afferma testualmente. «Ancorché bravissima a comunicare. Taglia i fondi alle famiglie e nel giorno della “festa della mamma” si rende protagonista di un podcast chiamando vicina a sé Diletta Leotta. Siamo di fronte a una influencer».
E non fa sconti Matteo Renzi neppure a Salvini, ministro delle Infrastrutture che ha riesumato la Società Stretto di Messina e riavviato l’iter per la realizzazione del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Sul Ponte Renzi si dichiara... più pontista del vicepremier leghista. «Io sono favorevole alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, e contesto a Salvini di utilizzare questo argomento solo per scopi elettorali. Contesto a Salvini di non aver ancora aperto i cantieri. Va da sé che sono indignato innanzi a un inasprimento delle pene per coloro che inscenano proteste contro le grandi opere in Italia (provvedimento contenuto nel ddl Sicurezza firmato dal ministro Piantedosi, ndr), ma il Ponte sullo Stretto è opera indispensabile per lo sviluppo della Sicilia e non solo. Oggi – riferisce Renzi – ci ho messo numerose ore per raggiungere Messina da Agrigento. È inaccettabile. E mi chiedo perché si siano arenate anche quelle opere nell’Isola che il mio esecutivo aveva finanziato, accompagnando ogni passaggio con le intese che firmammo con il governo di Rosario Crocetta».

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