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Il Ponte sullo Stretto tra class action, Tar e Cipess: gennaio mese cruciale

In settimana si saprà dell’esito dell’azione inibitoria collettiva contro la “Stretto”. Il 14 l’udienza al Tribunale amministrativo del Lazio. Entro l’ultima decade del mese prevista la decisione finale del Comitato interministeriale. Intanto il Consorzio guidato da Webuild replica sulla questione del raddoppio ferroviario

In settimana si dovrebbero finalmente conoscere le decisioni del Tribunale delle Imprese di Roma in merito alla azione inibitoria collettiva, proposta da alcuni legali messinesi e calabresi, in nome e per conto di 104 cittadini, contro la società “Stretto di Messina”. Il 14 gennaio si terrà, sempre a Roma, l’udienza del Tar del Lazio, al quale si sono rivolti le Amministrazioni calabresi (Comune di Villa San Giovanni e Città metropolitana di Reggio) e le associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Lipu, Kyoto Club) per chiedere l’annullamento del parere favorevole della Commissione Via-Vas sulla procedura di impatto ambientale del progetto definitivo del Ponte. Come preannunziato dal prof. Enzo Siviero, tra 15-20 giorni dovrebbe arrivare la decisione del Cipess, il Comitato interministeriale chiamato a dare il via libera alla fase esecutiva, dopo il nulla osta del ministero dell’Ambiente (seppur con prescrizioni) e del dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture (dove si è conclusa qualche giorno fa la Conferenza di servizi, alla quale hanno partecipati istituzioni ed enti territoriali).

Ed ecco, dunque, che gennaio sarà davvero il mese cruciale per l’evolversi delle vicende del Ponte sullo Stretto, entro il quale si saprà se la previsione di avvio dei primi cantieri già a maggio e l’attuazione delle procedure espropriative saranno fondate oppure destinate a slittare, come è avvenuto nell’ultimo scorcio del 2024.

Lo scoglio forse più delicato è quello del Tribunale amministrativo del Lazio, perché se il Tar dovesse accordare la richiesta di sospensiva degli effetti della procedura di Valutazione d’impatto ambientale, si perderebbe tempo, prima di poter procedere con la firma del contratto da parte del Consorzio Eurolink. Secondo quanto dichiarato più volte dal ministro Matteo Salvini, il Governo non è assolutamente preoccupato per i ricorsi e le iniziative di chi non vuole il Ponte e, anzi, è intenzionato ad arrivare al voto del Cipess entro l’ultima decade di gennaio.

Webuild, intanto, risponde ad alcune affermazioni contenute nel documento firmato dal Coordinamento No Ponte, a margine della iniziativa di protesta con la collocazione di uno striscione e di una bandiera all’ingresso di una delle aree di cantiere dove si lavora al raddoppio ferroviario della linea Messina-Catania. L’impresa amministrata da Pietro Salini parla di «grave inesattezza» e di una «errata rappresentazione dei fatti. Nel testo dei “No Ponte” si legge tra l’altro che “… e la talpa che operava per scavare la galleria Sciglio è stata fermata per ordine della Procura della Repubblica”.

La Procura della Repubblica di Messina non ha adottato alcun provvedimento di fermo della talpa operante presso la galleria Sciglio. Il fermo della talpa è stato deciso autonomamente dal Consorzio Messina-Catania, costruttore del progetto ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo: non appena sono stati rilevati “aumenti della concentrazione di arsenico nelle terre della galleria Sciglio, durante le ordinarie attività di controllo svolte dai tecnici interni e da laboratori esterni e indipendenti, nel rispetto delle prescrizioni ambientali sul progetto, il Consorzio ha avvisato le autorità competenti”. Come è noto da tempo, le concentrazioni di Arsenico sono presenti, in natura, nelle terre di scavo della galleria Sciglio e il problema non è stato quindi causato dai lavori per il raddoppio ferroviario. Nei giorni scorsi, la Regione siciliana ha finanziato una somma per consentire al Comune di Nizza di Sicilia di dotarsi di un potabilizzatore per la gestione dell’arsenico presente in natura nelle falde acquifere». Questa, dunque, la risposta di Webuild e del Consorzio.

Sulle vicende del Ponte, interviene anche, con un suo editoriale, il noto giornalista, saggista e conduttore televisivo, Nicola Porro. «Il progetto del Ponte di Messina ha ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie per passare alla fase esecutiva, comprese quelle della commissione Via sull’impatto ambientale. Ma Legambiente, Lipu e Wwf Italia non ci stanno e fanno ricorso al Tar. Un’ostinazione che sfiora la cocciutaggine, che i ricorrenti motivano evidenziando “l’illogicità del parere rilasciato dalla Commissione Via”. Il documento, presenterebbe insomma, “importanti carenze di analisi”. In sostanza, le tre associazione ambientaliste sono convinte di saperne molto di più e di saper fare decisamente meglio le analisi dei tecnici del ministero dell’Ambiente. Il ricorso elenca infatti un’interminabile sequela di contestazioni su una infrastruttura che ha un “impatto ambientale gravissimo e irreversibile” portando come prova le 62 prescrizioni correttive chieste dalla Commissione. Che però sono appunto dei “correttivi” chiesti e necessari, non certo delle clausole ostative al progetto del Ponte. Si va dalle regole per il maxi-cantiere a quelle per la tutela della costa calabra e siciliana, dall’approvvigionamento idrico in particolare di Messina alla tutela delle acque, fino al piatto forte della migrazione degli uccelli e dell’impatto sul mare. Le associazioni, nel loro comunicato, esprimono una viva preoccupazione sia per i vertebrati sia per gli invertebrati. In poche parole, secondo questi alfieri dell’ambiente, il Ponte sullo Stretto che si candida a diventare una delle maggiori opere di ingegneria del mondo calpesterebbe in primo luogo sia i diritti di volo delle cicogne e degli altri pennuti sia quelli delle tartarughe di deporre le uova in quel tratto di costa interessato dai piloni di sostegno. In attesa di conoscere il verdetto dell’Enav per le rotte dei simpatici volatili e essere ammessi al cospetto di Re Tritone, l’augusto padre della sirenetta Ariel, per quanto concerne le tartarughine, noi ci limitiamo a notare una certa avversione di certi ambientalisti per tutte le grandi opere. Il Ponte insomma, è solo l’ultima battaglia del mondo verde dopo quella contro la Tav e la Gronda di Genova, contro le trivelle nell’Adriatico per sfruttare il gas nazionale e ancora contro il nucleare di nuova generazione basato sui mini reattori a fissione. Un altro grande progetto tecnologico del Governo che vedrà presto la sua legge quadro. Viene allora da domandarsi: che tipo di Italia hanno in mente i signori di Legambiente, della Lipu e del Wwf? Pensano a realizzare un Paese moderno, dove le imprese sono in grado di competere a livello globale e dove la logistica delle persone e delle merci funziona o invece si accontentano di uno Stato sempre più prigioniero di se stesso? Dopo decenni di discussioni e di denaro speso, il Ponte sullo Stretto dovrebbe vedere la posa della prima pietra entro pochi mesi. I soldi per realizzarlo sono stanziati nella legge di Bilancio, il suo impatto sul Pil nazionale è evidente, cerchiamo quindi di fare pace con il cervello e di deciderci una volta per tutte. Magari ascoltando chi se ne intende davvero e analizzando quello che accade all’estero, dove i ponti come quello di Messina esistono da tempo. E spesso sono stati realizzati dalle industrie italiane».

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