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Sileri: in Italia una decina di casi di epatite acuta nei bimbi, 3 confermati

Sileri: «In Italia abbiamo una decina di segnalazioni, un trapianto è stato fatto e tre casi sono confermati» ma «attenzione a pensare che ogni caso di epatite in bimbi sia di origine sconosciuta, perché anche se rara, questa malattia c'era anche prima»

«In Italia abbiamo una decina di segnalazioni, un trapianto è stato fatto e tre casi sono confermati» ma «attenzione a pensare che ogni caso di epatite in bimbi sia di origine sconosciuta, perché anche se rara, questa malattia c'era anche prima». Così, a Radio InBlu2000, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che ha aggiunto: "i casi sospetti di epatiti acute saranno probabilmente sovrastimato rispetto ai reali. Attenzione quindi al fiorire di segnalazioni ma poi molti andranno tolti dal computo finale».

L'infettivologo D'Offizi: no panico ma monitorare sintomi bimbi

«Non ritengo che il Covid, nè tantomeno i vaccini, possano essere correlati alle epatiti di origine sconosciuta che si stanno verificando tra i bambini. Piuttosto, dai dati evidenziati finora negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, è ipotizzabile che la causa possa essere un adenovirus, cioè un virus a carattere respiratorio che può avere un tropismo a livello epatico». A dirlo all’AGI è
il direttore dell’Unità Operativa Complessa malattie infettive-epatologia dell’ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, Gianpiero D’Offizi. Di certo, siamo di fronte a un fenomeno recente «che va valutato senza allarmismi ma con grande attenzione, perchè in alcuni bambini si è verificato un completo mancato funzionamento del fegato ed è stato necessario avviarli al trapianto, che è una misura purtroppo estrema».

Che cosa si sente di dire ai genitori di bimbi piccoli in questo momento?

«La numerosità dei casi di epatite è estremamente bassa, per fortuna, quindi niente panico. Va fatta una sorveglianza attiva: se il bambino ha nausea, vomito, malessere e se i valori delle transaminasi sono da 5 a 10 volte superiori alla norma, bisogna rivolgersi al medico e ospedalizzare il piccolo paziente, che va preso in seria considerazione e monitorato». E poi «va valutato se esista un link tra i bambini che si sono infettati».

D’Offizi ammette che «ci vorrà ancora del tempo per stabilire con certezza il nesso causale, cioè l’etiologia di questa patologia, dato che i primi casi di epatite sono stati segnalati dall’ECDC soltanto il 9 aprile - prima in Alabama, poi in Gran Bretagna e poi in alcuni paesi europei». «L'importante - sottolinea - è far scattare tutte le misure per capire la magnitudo del problema. Oggi siamo avvantaggiati, perchè il nostro sistema sorveglianza è maturato nel corso del Covid e abbiamo sviluppato una maggiore capacità nella gestione delle emergenze».

Perchè si sente di escludere il Covid come causa di queste epatiti?

«Per gli studi fatti e per la casistica che abbiamo visto nel nostro ospedale posso dire che il tropismo del Sars Cov 2 è l’apparato respiratorio e non il fegato. Nessun nostro malato di Covid è stato avviato al trapianto di fegato, ed eventuali compromissioni erano legati a precedenti sofferenze epatiche».

Come è stata accolta questa nuova malattia dalla comunità scientifica?

«Con grande attenzione, ma non siamo sorpresi. Molti pensano che le malattie infettive appartengano al passato ma noi infettivologi sappiamo bene che non è così, il mondo dei virus è in equilibrio precario. Noi cerchiamo di avere un approccio scientifico e non emotivo».

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