“Contro la massa organizzata può resistere soltanto chi è organizzato nella sua individualità altrettanto bene quanto è organizzata la massa”, scrive Jung in “Presente e Futuro”. Ed è di quel contrasto interiore che ieri sera ha parlato, Gianluca Gori, alias Drusilla Foer, nel suo toccante e acuto monologo in chiusura della terza serata del Festival di Sanremo.
“La parola diversità non mi piace – ha subito chiarito- ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che non mi convince. Ho cercato un termine per sostituirla e ho trovato unicità, mi piace, piace a tutti, perché tutti noi siamo capaci di notare l'unicità dell’altro e tutti pensiamo di essere unici. Ma per comprendere e accettare la propria unicità è necessario capire di cosa è fatta, di che cosa siamo fatti noi, certamente delle cose belle, ambizioni, valori, convinzioni, talenti”.
“Non è affatto facile, ma vanno prese per mano tutte le cose che ci abitano e portate in alto, nella purezza della libertà”, ha concluso Drusilla, invitando tutti a tentare “insieme l’atto più rivoluzionario che c'è, l’ascolto di se stessi, delle nostre unicità, per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni, facciamo scorrere i pensieri in libertà, senza pregiudizio, senza vergogna, liberiamoci dalla prigionia dell’immobilità”.
Drusilla, “personaggio” di fellinana sublimità, è già in sé la narrazione di una sfida possibile quanto temeraria tra l’unicità, appunto, e il capriccio collettivo della classificazione, tra l’identità personale e la gretta generalizzazione. E lo fa durante un evento televisivo che, sempre più spesso, negli ultimi anni, prova timidamente a rompere la consuetudine di un conformismo sia artistico sia sociale. Un castello di convenzioni non scritte e di insana intolleranza che ancora condiziona gran parte dei nostri parlamentari, ostacolando quelle scelte (in primo luogo il Ddl Zan) che potrebbero finalmente cancellare penosi disagi e restituire a migliaia di persone i diritti che gli spettano. Si prendano finalmente decisioni che rispecchino l’evoluzione del mondo in cui viviamo. Sarebbe una conquista legittima per chi tra noi, e oggi siamo la maggioranza in Italia così come in Europa, ha “ascoltato se stesso” e ha reclamato per decenni quei diritti per tutti. Non ci sono più scuse.
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