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Il Papa alla Messa Crismale: "Chiesa più povera e meno politica. Sacerdoti mondani? Pagani clericalizzati"

«'Fissare gli occhi su Gesù' è una grazia che, come sacerdoti, dobbiamo coltivare», ha detto Papa Francesco ai sacerdoti nell’omelia della Messa Crismale presieduta nella Basilica Vaticana, liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali.
La Messa del Crisma è stata concelebrata dal Santo Padre con i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, i sacerdoti hanno rinnovato le promesse fatte al momento della Sacra ordinazione; quindi ha avuto luogo la benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma.

«Al termine della giornata fa bene guardare al Signore, e che Lui ci guardi il cuore, insieme al cuore delle persone che abbiamo incontrato - ha spiegato -. Non si tratta di contabilizzare i peccati, ma di una contemplazione amorosa in cui guardiamo alla nostra giornata con lo sguardo di Gesù e vediamo così le grazie del giorno, i doni e tutto ciò che ha fatto per noi, per ringraziare».

«E gli mostriamo anche le nostre tentazioni, per riconoscerle e rigettarle - ha aggiunto -. Come vediamo, si tratta di capire che cosa è gradito al Signore e che cosa vuole da noi qui e ora, nella nostra storia attuale. E forse, se sosteniamo il suo sguardo pieno di bontà, da parte sua ci sarà anche un cenno affinché gli mostriamo i nostri idoli».

"Non lasciate spazio a demonio togliendolo a Dio"

Per il Pontefice, «lasciare che il Signore guardi i nostri idoli nascosti, tutti ne abbiamo, ci rende forti davanti ad essi e toglie loro il potere. Lo sguardo del Signore ci fa vedere che, in realtà, in essi noi glorifichiamo noi stessi, perché lì, in questo spazio che viviamo come se fosse esclusivo, si intromette il diavolo aggiungendo un elemento molto maligno: fa sì che non solo 'compiacciamo' noi stessi dando briglia sciolta a una passione o coltivandone un’altra, ma ci conduce anche a sostituire con essi, con quegli idoli nascosti, la presenza delle Divine Persone, la presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito, che dimorano dentro di noi. È qualcosa che di fatto accade».

«Malgrado uno dica a sé stesso che distingue perfettamente che cos'è un idolo e chi è Dio, in pratica andiamo togliendo spazio alla Trinità per darlo al demonio, in una specie di adorazione indiretta - ha avvertito Francesco -: quella di chi lo nasconde, ma continuamente ascolta i suoi discorsi e consuma i suoi prodotti, in modo tale che alla fine non resta nemmeno un angolino per Dio». «È che gli idoli hanno qualcosa - un elemento - di personale», ha osservato il Papa: «Quando non li smascheriamo, quando non lasciamo che Gesù ci faccia vedere che in essi stiamo cercando malamente noi stessi senza motivo e che lasciamo uno spazio in cui il Maligno si intromette». «Dobbiamo ricordare che il demonio esige che noi facciamo la sua volontà e che lo serviamo, ma non sempre chiede che lo serviamo e lo adoriamo continuamente - ha aggiunto -. Ricevere l’adorazione di quando in quando gli basta per dimostrare che è il nostro vero signore e che persino si sente dio nella nostra vita e nel nostro cuore».

"Un sacerdote mondano non è altro che un pagano clericalizzato"

«Uno spazio di idolatria nascosta si apre dove c'è mondanità spirituale, che è una proposta di vita, e una cultura, una cultura dell’effimero, una cultura dell’apparenza, del maquillage. Il suo criterio e il trionfalismo, un trionfalismo senza Croce. E Gesù prega affinché il Padre ci difenda
da questa cultura della mondanità. Questa tentazione di una gloria senza Croce va contro la persona del Signore, che si umilia nell’Incarnazione e che, come segno di contraddizione, e l’unica medicina contro ogni idolo», ha spiegato.

La Chiesa sarà più piccola, più povera e meno politica

«Papa Benedetto è stato un profeta di questa Chiesa del futuro, una Chiesa che diventerà più piccola, che perderà molti privilegi, sarà più umile e autentica e troverà energia per l’essenziale. Sarà una Chiesa più spirituale, più povera e meno politica: una Chiesa dei piccoli. Benedetto da vescovo lo aveva detto: prepariamoci a essere una Chiesa più piccola. Questa è una delle sue intuizioni più ricche». Lo ha detto papa Francesco incontrando domenica 3 aprile alla Nunziatura di Malta un gruppo di suo confratelli gesuiti e rispondendo alle loro domande, dialogo riportato da padre Antonio Spadaro nel nuovo numero di Civiltà Cattolica.

Il problema delle vocazioni

«Oggi c'è il problema delle vocazioni, sì - ha sottolineato il Pontefice -. È anche vero che in Europa ci sono meno persone giovani. Prima si avevano tre, quattro figli a famiglia. Adesso spesso solamente uno. I matrimoni calano, mentre si pensa a crescere nella professione». «Direi alle mamme di questi trentacinquenni che vivono nella famiglia di origine di non stirare più le camicie! - ha osservato - In questa situazione c'è anche il rischio di voler cercare le vocazioni senza adeguato discernimento. Ricordo che nel 1994 si fece un Sinodo sulla vita consacrata. Io ero venuto come delegato dell’Argentina. Allora era scoppiato lo scandalo delle novizie nelle Filippine: le Congregazioni religiose andavano lì alla ricerca di vocazioni da 'importare' in Europa».

«Questo è terribile - ha aggiunto -. L’Europa è invecchiata. Dobbiamo abituarci a questo, ma dobbiamo farlo creativamente, in modo da assumere per le vocazioni le qualità che lei citava in generale per la Chiesa nella sua domanda: umiltà, servizio, autenticità». Francesco ha detto anche «che non dobbiamo dimenticare quel gioiello che è l’Evangelii nuntiandi di Paolo VI. La vocazione della Chiesa qual è? Non sono i numeri. È evangelizzare. La gioia della Chiesa è evangelizzare. Il vero problema non è se siamo pochi, insomma, ma se la Chiesa evangelizza. Nelle riunioni prima del Conclave si parlava del ritratto del nuovo Papa. È stato proprio lì, nelle Congregazioni generali, che è stata usata l’immagine della Chiesa che esce, in uscita. Nell’Apocalisse si dice: 'Io sto alla porta e busso'. Ma oggi il Signore bussa da dentro perché lo si lasci uscire. Questa è la necessità di oggi, la vocazione della Chiesa oggi».

Ai sacerdoti, liberarsi da ogni brama di possesso

«Vorrei concludere chiedendo a San Giuseppe, padre castissimo e senza idoli nascosti, che ci liberi da ogni brama di possesso, poiché questa, la brama del possesso, è il terreno fecondo in cui crescono questi idoli. E che ci ottenga anche la grazia di non arrenderci nell’arduo compito di discernere questi idoli che, tanto frequentemente, nascondiamo o si nascondono. Con nobiltà di cuore, sappiamo subordinare alla carità ciò che abbiamo appreso per legge», è stato il suo invito finale.

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