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L’intero Pianeta ha perso la sua «Queen», simbolo e autentica icona popolare. Anzi, pop

La Gran Bretagna ha perso la sua Regina, il mondo intero ha perso la sua Queen, la donna che nell’attraversare sontuosamente buona parte del ‘900 e un ventennio del XXI secolo ha segnato la storia con una serie di immagini indelebili. Elizabeth, seconda solo nella numerazione dinastica, era in realtà simbolo unico di un Paese che non governava e icona riconosciuta dell’universo mediatico. Senza mai perdere l’aplomb regale, amplificato dalla natura british, era diventata col tempo un simbolo pop, in cui “l’alto” si avvicinava al popolare senza smarrire la sua esemplare e nobile identità.

Elisabetta, a differenza della nuora Diana, ribattezzata Principessa del popolo, ha sempre mantenuto il suo aristocratico distacco, ma al contempo è entrata nell’immaginario collettivo attraverso i suoi comportamenti sobri e misurati. Che fossero momenti istituzionali o che le immagini la cogliessero in sfumature di spontaneità non c’è dubbio che le foto della Regina Elisabetta abbiano sempre rappresentato un totem della sua personalità, segnali inequivocabili nell’apparente staticità della corona inglese.

Elisabetta II ha parlato ai suoi sudditi e si è fatta amare anche da coloro che non comprendono l’esistenza della monarchia nel XXI secolo, più con la sua comunicazione non verbale che attraverso i verbosi discorsi alla nazione, sin da quando ha voluto che la sua incoronazione fosse ripresa dalla tv o quando accettò di far entrare le telecamere a Buckingham Palace. Il cenno del capo al passaggio del feretro di Diana, la presenza solitaria ma emblematica durante il funerale di Filippo compagno di una vita, l’affacciarsi al balcone di Buckingham Palace solo in compagnia di coloro che rappresentavano la linea dinastica di successione durante il giubileo dei 70 anni erano chiari segnali di ciò che Elisabetta pensava ma non poteva dire.

E se il ruolo le impediva di manifestare l’humour inglese, ha sempre colto le circostanze che le si presentavano per esprimere una liberatoria e divertita consapevolezza. Ha recitato la parte di se stessa diventando «Bond girl» protagonista inaspettata di un filmato per le Olimpiadi di Londra, si è perfidamente vestita di bianco al matrimonio di Carlo e Camilla, che indossava un abito nunziale tinta topo morto.

Ecco, i colori, ulteriore prerogativa regale improponibile per qualsiasi commoner che voglia coniugare il buon gusto con la senilità, inspiegabilmente incriticabili se indossati da lei e che nella semeiotica elisabettiana erano altro sistema di comunicazione, come il vestito verde speranza indossato per il discorso alla nazione durante il lockdown, mentre il primo ministro Johnson era ricoverato per il Covid.

E anche nell’ultimo outfit indossato pochi giorni fa per conferire a Liz Truss l’incarico di quindicesimo capo del governo della sua vita reale, molto Elisabetta II sembrava rivelare del suo stato d’animo: una tenuta di campagna da anziana signora, quasi come se volesse prendere congedo dal suo ruolo con semplicità, e dire «sono stata la vostra regina fino alla fine ma ricordatevi di me come una di voi».

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