Il metaverso sarà davvero un mondo alternativo in cui vivremo gran parte della nostra vita lavorativa e ci dedicheremo a nuove e irrinunciabili forme di intrattenimento, o sarà il flop più clamoroso della storia di internet?
A questo interrogativo, che pongono moltissimi osservatori dell’universo digitale, si aggiungono in questi ultimi mesi le perplessità sulla spericolata sfida lanciata da Mark Zuckerberg. Sull’onda di tali rosee aspettative, lo scorso anno il fondatore di Facebook, ha ribattezzato con il nome di Meta il suo colosso aziendale, pronto a scommettere che queste “tecnologie rivoluzionarie” convinceranno miliardi di utenti attivi sui social network di Menlo Park a trasferirsi in un ammaliante universo “immersivo”. E tutto questo grazie a Visori VR e occhiali AR che farebbero assomigliare la nostra quotidianità, tra eventi sportivi, spettacoli, shopping e incontri professionali, a quei film distopici in cui il protagonista, spesso in coma profondo, conduce un’esistenza parallela in un pianeta cibernetico. Già i maniaci delle definizioni parlano di Web 4.0 o Web ubiquo, in cui il marketing avrà davanti a sé sconfinate praterie.
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