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Da Facebook al metaverso, Zuckerberg vincerà la sfida?

Cosa offre in più Meta rispetto a quello che è già possibile fare oggi?

Il metaverso sarà davvero un mondo alternativo in cui vivremo gran parte della nostra vita lavorativa e ci dedicheremo a nuove e irrinunciabili forme di intrattenimento, o sarà il flop più clamoroso della storia di internet?

A questo interrogativo, che pongono moltissimi osservatori dell’universo digitale, si aggiungono in questi ultimi mesi le perplessità sulla spericolata sfida lanciata da Mark Zuckerberg.  Sull’onda di tali rosee aspettative, lo scorso anno il fondatore di Facebook,   ha ribattezzato con il nome di Meta il suo colosso aziendale, pronto a scommettere che queste “tecnologie rivoluzionarie” convinceranno  miliardi di utenti attivi sui social network di Menlo Park a trasferirsi in un ammaliante universo “immersivo”.  E tutto questo grazie a  Visori VR occhiali AR che farebbero assomigliare la nostra quotidianità, tra eventi sportivi, spettacoli, shopping e incontri professionali, a quei film distopici in cui il protagonista, spesso in coma profondo, conduce un’esistenza parallela in un pianeta cibernetico.  Già i maniaci delle definizioni  parlano di Web 4.0 o Web ubiquo, in cui il marketing avrà davanti a sé sconfinate praterie.

L’entusiasmo di Zuckerberg, che assicura investimenti per circa dieci miliardi di dollari l’anno, è incoraggiato probabilmente dai dati economici: secondo una ricerca GlobalData, il mercato globale del settore raggiungerà i 996 miliardi di dollari nel 2030, e già nel 2021 il valore è arrivato a 22,79 miliardi.

Va detto che, da quando la parola “mataverse” è stata coniata (la crasi tra “meta” e “universo” sarebbe apparsa per la prima volta nel romanzo di fantascienza di Neal Stephenson “Snow Crash” del 1992),  si sono moltiplicati diversi ambiziosissimi “metaversi” tra successi e clamorosi fiaschi. Il più celebre esperimento è certamente il “paradiso” di Second Life, la piattaforma lanciata nel 2003 che non ha mai raggiunto i grandiosi obiettivi auspicati.

C’è chi fa notare, inoltre,   che è già di per sé un metaverso a sé stante ogni videogame basato sulla realtà virtuale e, non a caso, il gaming è il principale propulsore per l’acquisto di hardware VR.

Ecco perché la “fuga in avanti” di Zuckerberg, in un quadro globale fiorente e dinamico,  sembra dettata dalla brama di marcare un territorio ancora ignoto che da anni vede tra i principali esploratori tutte le Big Tech, da Google a Apple.

Cosa offre in più Meta rispetto a quello che è già possibile fare oggi?  Ancora nulla di clamoroso. Nel frattempo, però, secondo il Financial Times,  la società proprietaria di Facebook si sarebbe affrettata a  depositare alcuni brevetti di tecnologie capaci di tracciare movimenti oculari ed espressioni facciali. Un sistema, quest’ultimo,  che  potrebbe portare a una sofisticatissima pubblicità mirata basata sulle reazioni “involontarie” degli utenti.

Ma davvero gli esperti visionari della California pensano, o peggio sperano, che gli abitanti del pianeta si rinchiuderanno in casa per indossare maschere-monitor attraverso le quali sorbirsi messaggi promozionali tra un cocktail di bit e l’altro?

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