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Viaggio nel "bunker" dell'Archivio Vaticano, dal processo a Galilei alla lettera di Leopardi. Ma nulla sul caso Orlandi

Dal processo a Galileo Galilei alla documentazione sui 'silenzi' di Pio XII, dai finanziamenti di Benedetto XV al Partito Popolare a quelli degli americani al Vaticano per consentire di fare il conclave proprio alla morte del Pontefice che aveva speso tutto. Dalla prima tv arrivata in Vaticano, nel 1949, ai cardellini dei quali amava circondarsi Papa Pacelli; dalle lettere dei grandi della storia, come Giacomo Leopardi, che non voleva pagare le tasse, o Giuseppe Garibaldi, che offriva «le sue braccia», e dunque anche le sue armi, a Papa Mastai, a quelle della povera gente che chiedeva aiuto al Papa per comprare delle scarpe ai figli.

L’Archivio Apostolico Vaticano, che si chiamava 'Segreto' e che nel 2019 ha cambiato denominazione per volere di Papa Francesco, è uno scrigno prezioso che custodisce tutti i documenti appartenuti al Vaticano. Tutto è contenuto in un deposito, chiamato 'bunker', lungo 86 chilometri lineari. Faldoni su faldoni che custodiscono storie edite ma anche ancora segrete. A parlare di alcune di esse è il giornalista Massimo Franco nel libro-intervista con il Prefetto dell’Archivio, monsignor Sergio Pagano: «Secretum», edizioni Solferino, da domani nelle librerie.

Ne esce uno spaccato degli anni più difficili dei pontificati che si sono succediti ma anche quadri della vita di tutti i giorni, racchiusi, per esempio, nelle lettere inviate in Vaticano per chiedere aiuti di ogni tipo. Nelle migliaia di documenti non c'è niente però sul caso di Emanuela Orlandi. «Qui non abbiamo una riga». Secondo mons. Pagano potrebbe esserci poco anche in altre 'casseforti' vaticane. «Quel che seppi alcuni anni or sono dall’allora archivista della Prima Sezione della Segreteria di Stato, monsignor Assunto Scotti, sacerdote da me molto stimato - rivela al giornalista del Corriere della Sera -, è che nel loro Archivio ci era solo, come di prassi, una cartella con echi di stampa sul caso che nominavano il Vaticano». Considerato l’avvio della procedura al tribunale vaticano, «se si troveranno documenti su quel caso, saranno certo consegnati agli inquirenti», aggiunge il Prefetto dell’Archivio.

Nell’immenso patrimonio di documenti custodito nell’Archivio Vaticano c'è anche una lettera di Giacomo Leopardi dalla quale si evince un problema legato alle tasse. Leopardi scrive la lettera il 14 settembre del 1836 a monsignor Ferretti, nunzio apostolico presso Sua Maestà Siciliana: «Io dimoro, come Vostra Eccellenza sa, a Napoli e per errore mi hanno compreso tra i contribuenti alle spese per la guardia civica di questa capitale...», le parole scritte dal poeta. «Sì, era un po' tirchio», «non voleva pagare le tasse, Leopardi. Curioso», chiosa nel libro mons. Pagano. Se nel libro si toccano i temi più delicati del pontificato di Pio XII, come la lettera del gesuita Lothar Konig, che lo metteva a conoscenza dell’esistenza dei campi di concentramento, emergono anche storie che strappano il sorriso, come il fatto che lo stesso Pacelli pranzava sempre da solo e liberava i cardellini nella stanza per avere compagnia. Si parla anche del processo a Galilei, che successivamente è stato riabilitato dalla Chiesa. Monsignor Pagano sfata anche tante leggende, come il fatto che nell’Archivio siano custoditi chiodi della Croce di Cristo o teschi di marziani. Un giornale qualche anno fa scrisse che «i marziani veramente esistono, che erano sbarcati sulla terra con le loro astronavi in un non lontano passato, e che il Vaticano nasconderebbe alcuni teschi dei marziani grigi. Sciocchezze catastrofiche», commenta in conclusione mons. Pagano.

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